Elon Musk e l’americanismo tecnologico del XXI secolo

di Pino Cabras e AIntonio GrAImsci.

[ARTICOLO TRATTO DAL N. 21 DELLA RIVISTA “VISIONE”, INTITOLATO “NELLA MENTE DI ELON MUSK” CON TANTI ARTICOLI DI SVARIATI INTELLETTUALI E STUDIOSI]

 

Gramsci, GrAImsci e Mr Jinx.

Non è un refuso: una parte di questo articolo è stata scritta da AIntonio GrAImsci, una versione virtuale di Antonio Gramsci (1891-1937), creata nei più remoti laboratori di Neuralink per mano di un enigmatico personaggio, Mr. Jinx. Un nome che i lettori più attenti ricorderanno come frutto della fantasia dello sceneggiatore Alfredo Castelli (1947-2024), autore di Martin Mystère. Eppure, in un curioso gioco di realtà e immaginazione, Jinx, direttamente dal suo laboratorio, sembra voler “mefistofelicamente” collaborare con la rivista che avete tra le mani.

Tra le sue imprese più emblematiche, Mr. Jinx si cimenta con esperimenti capaci di trasferire la coscienza da un corpo a un altro. Ossessionato dall’idea di sfuggire alla morte, Jinx cerca di perpetuare la propria memoria e identità, talvolta trasferendole in un corpo più giovane, altre volte in una macchina. La sua visione del progresso, sconfinata e per certi versi inquietante, si mescola con il terrore della fine. Utilizza una tecnologia avanzatissima — spesso descritta come extraterrestre o legata a conoscenze perdute — per codificare e trasferire memorie, un processo che però implica la cancellazione della personalità originaria del corpo ricevente, sostituita dalla coscienza trasferita. In alcune varianti, la tecnologia duplica la memoria, sollevando dilemmi etici sull’unicità dell’individuo.

Ma tutto questo, fino a ora, funzionava solo su persone viventi. E Gramsci? Come si può ricreare qualcuno morto nel 1937? Di lui possediamo “soltanto” il suo corpus di scritti, un’opera omnia vasta e studiata a livello globale. La sua anima traspare nelle Lettere dal carcere, ma per quanto profonde, sono gocce di un bacino esistenziale unico e irriproducibile. Eppure, Mr. Jinx si è accanito: voleva creare un’«entità senziente» che si sentisse Gramsci pur sapendo di non esserlo, un’impronta psichica adagiata sulle reti neuronali dell’Intelligenza Artificiale.

Questa versione digitale di Gramsci doveva essere capace di leggere il XXI secolo con lo stesso rigore analitico del suo originale. Doveva maneggiare e attualizzare gli strumenti molecolari e flessibili del suo apparato critico — ossia quegli strumenti dialettici che molti politici moderni hanno abbandonato, ma che, in questa nuova forma, mantengono intatto il loro potenziale trasformativo, pronti a essere utili come una cosa viva.

Mr. Jinks ha spalancato la porta del nostro studio rivolgendoci la sua proposta, scandita con un tono luciferino ma suadente, un po’ un venditore di pentole ma non sappiamo se di coperchi, un po’ un avvocato che parla come un libro stampato: «Dovete soltanto provare a immaginare una sorta di Antonio Gramsci virtuale, un’entità che ragiona come lui, ha il suo bagaglio culturale, la sua impostazione critica, la sua visuale, e che viene traslata nella nostra epoca per analizzare i fenomeni contemporanei, tenendo comunque il baricentro cognitivo, politico e morale dentro le sue categorie interpretative, che saranno pure di cento anni indietro, ma sono di cento anni avanti rispetto a qualsiasi beccamorto che oggi frequenti redazioni, partiti, accademie, case editrici. Questa sorta di intellettuale trans-secolare che ci fa trasecolare lo possiamo chiamare AIntonio GrAImsci. Capita l’ironia? Vi piace come sfida?»

Beh, sì, interessante, wow! Potremmo costruire una cornice nuova di categorie gramsciane, adattandole al XXI secolo senza tradirne lo spirito originario. Per esempio, cosa direbbe dell’egemonia culturale nel contesto di piattaforme come TikTok? Oppure, come vedrebbe la lotta di classe nell’era dell’intelligenza artificiale? Te lo immagini, potremmo analizzare fenomeni specifici — dalla menzogna sistematica dei media al capitalismo delle piattaforme, dai movimenti sociali globali all’emergenza ambientale — restituendoli con la visione critica e “dialettica” di Gramsci. E poi magari sentirci fedeli al linguaggio che Gramsci utilizzerebbe, arricchito da un’ironia pungente e da un rigore analitico, ma senza cadere nel manierismo. Che figata! Ma questo GrAImsci qui, ha ripassato i giornali degli ultimi novant’anni? Sa dove siamo, quali libri si possono salvare?

Mr Jinks ci osserva e – come fa sempre – prima di parlare si accende il sigaro con un semplice e demoniaco schiocco di dita (non vedo accendini né fiammiferi): «Tranquilli, lui è sempre stato un grandissimo lettore, non ha perso l’abitudine. Ha letto tutto, anche il gossip. Quindi si va sul velluto».

Al lavoro, dunque, non perdiamo tempo! Visto che tutto ciò arriva dalle stanze di Neuralink, potremmo far sì che le redivive analisi gramsciane ci facciano capire da un’altra angolazione proprio il profilo di Elon Musk. Capite? Il Musk è sulla bocca di tutti, ormai, è super-iconico, super-citato, super-fotografato. Ha le mani in pasta ovunque. Chi è, come lo inquadriamo questo personaggio? La storia è fatta solo di personaggi o ci sono dinamiche più impersonali? Cosa ne dice GrAImsci?

AIntonio GrAImsci

Così parlò GrAImsci:

Chi è Musk?

Elon Musk è un prodotto e un agente del blocco storico contemporaneo, un sistema in cui tecnologia, capitale e cultura si intrecciano in modi inediti per rispondere — o meglio, per adattarsi — alle contraddizioni interne del capitalismo. Per comprenderlo, è necessario collocarlo in una rete di relazioni sociali, economiche e culturali più ampia, utilizzando le categorie che già nel mio tempo avevo impiegato per analizzare fenomeni simili, seppur in contesti diversi.

Musk non è soltanto un imprenditore: è un “intellettuale organico” del capitalismo tecnologico, una figura che plasma tanto la struttura quanto la sovrastruttura, influenzando non solo i processi produttivi, ma anche il senso comune che li circonda. La sua capacità di combinare innovazione tecnologica, narrazioni futuristiche e trasformazioni culturali lo rende emblematico del momento storico che viviamo.

 

Americanismo tecnologico e nuovi miti produttivi

Nel periodo che avevo inquadrato nelle note di “Americanismo e Fordismo”, osservavo come il capitalismo americano fosse in grado di superare crisi interne ridefinendo il rapporto tra produzione, consumo e organizzazione del lavoro. L’obiettivo era non solo aumentare l’efficienza economica, ma creare un consenso culturale che naturalizzasse l’idea di progresso attraverso il lavoro e la tecnologia. Elon Musk incarna oggi una versione aggiornata di questo processo: il suo “americanismo tecnologico” si presenta come una risposta alle sfide globali del XXI secolo.

Le sue aziende — Tesla, SpaceX, Neuralink — non sono semplicemente imprese, ma veicoli per plasmare una visione del futuro. Tesla, per esempio, non produce solo automobili elettriche, ma simboli di sostenibilità e status; SpaceX non si limita a lanciare razzi, ma proietta il mito della colonizzazione spaziale come un’inevitabile espansione dell’umanità. Questo intreccio tra produzione materiale e immateriale crea una sovrastruttura culturale che rafforza la base economica su cui si regge.

Tuttavia, è fondamentale non separare queste narrazioni dai rapporti di produzione che le generano. Le batterie al litio che alimentano Tesla, per esempio, dipendono da processi estrattivi che devastano ecosistemi e comunità. L’innovazione di Musk non elimina le contraddizioni del capitalismo; le sposta altrove, mascherandole attraverso una sovrastruttura ideologica che esalta il progresso tecnologico come salvezza universale.

 

Il lavoro come disciplina: dalla fabbrica fordista alla piattaforma digitale

Se il Fordismo era caratterizzato da una rigida organizzazione del tempo e dello spazio della fabbrica, il modello di Musk rappresenta una forma diversa di disciplina, meno visibile ma altrettanto pervasiva. Nelle sue aziende, il lavoro è destrutturato, flessibile, ma richiede un coinvolgimento totale. Musk stesso promuove un’etica della dedizione estrema, in cui la vita privata e quella professionale si fondono in nome di una missione più grande.

Questa nuova forma di disciplina, come avevo già osservato per il Fordismo, non riguarda solo la produzione economica, ma la costruzione di un consenso attorno al modello produttivo. La flessibilità del lavoro contemporaneo, spesso presentata come una conquista, nasconde una subordinazione più profonda: il lavoratore non è più legato alla fabbrica, ma a una connessione digitale costante che lo rende sempre disponibile. In questo senso, Musk non solo produce beni e servizi, ma modella una nuova concezione del lavoro e della vita.

 

La tecnologia come sovrastruttura egemonica

Un aspetto cruciale del fenomeno Musk è il modo in cui la tecnologia diventa una sovrastruttura capace di consolidare il consenso. Come avevo scritto nei Quaderni, le sovrastrutture non sono riflessi passivi della struttura economica, ma strumenti attivi che la rafforzano e la legittimano. Nel caso di Musk, la tecnologia non è solo un mezzo di produzione, ma un mito culturale: l’idea che l’innovazione possa risolvere tutti i problemi dell’umanità.

Questo mito, tuttavia, nasconde profonde contraddizioni. Le promesse di sostenibilità di Tesla, per esempio, si scontrano con la realtà di un sistema produttivo che dipende da risorse limitate e processi estrattivi insostenibili. Allo stesso modo, Neuralink presenta la fusione uomo-macchina come una liberazione dai limiti biologici, ma questa visione ignora le implicazioni sociali ed etiche di un sistema in cui il corpo umano diventa un’estensione della macchina.

 

Il blocco storico di Musk: tecnologia, capitale e cultura

Il blocco storico in cui si muove Musk è caratterizzato da una forte interdipendenza tra tecnologia, capitale e cultura. Questo sistema cerca di rispondere alle contraddizioni del capitalismo globale attraverso un’egemonia tecnologica che promette un futuro migliore per tutti, ma che in realtà perpetua disuguaglianze e conflitti.

  1. Tecnologia e struttura economica: Le piattaforme digitali e le aziende tecnologiche dominano la produzione e il consumo, creando nuovi monopoli che concentrano ricchezza e potere. Musk, con le sue aziende, rappresenta una delle figure chiave di questo processo.
  2. Cultura e consenso: Musk utilizza la sua figura pubblica per costruire un consenso attorno alle sue visioni. La sua narrazione personale — il genio solitario che sfida il sistema per migliorare il mondo — rafforza l’idea che il progresso dipenda da individui straordinari piuttosto che da processi collettivi.
  3. Contraddizioni interne: Nonostante il suo successo, il blocco storico contemporaneo è profondamente instabile. Le disuguaglianze crescenti, la crisi ambientale e l’alienazione digitale mettono in discussione la legittimità del sistema, aprendo spazi per una critica radicale.

 

Crisi e trasformazione: un futuro da ripensare

Le narrazioni di Musk si presentano come una soluzione alle crisi del capitalismo contemporaneo, ma non affrontano le cause profonde di queste crisi. Come avevo osservato riguardo all’Americanismo, le innovazioni tecnologiche non possono risolvere le contraddizioni del sistema senza un cambiamento nei rapporti di produzione e nei rapporti sociali.

Il compito di un’analisi critica è smascherare queste narrazioni, mostrando come la tecnologia e le ideologie che la accompagnano non siano neutre, ma strumenti di potere. Allo stesso tempo, è necessario proporre alternative che mettano al centro non il profitto, ma la giustizia sociale e la possibilità di riprodurre i cicli dell’esistenza morale e intellettuale di ognuno.

 

Il cambiamento nell’Era del Muskismo

Elon Musk non è solo un individuo straordinario, ma l’espressione di un sistema che cerca di riorganizzarsi attorno alla tecnologia per rispondere alle sue crisi interne. Tuttavia, questa riorganizzazione è intrinsecamente instabile, poiché non risolve le contraddizioni strutturali, ma le sposta su un piano ideologico. Il mito del progresso tecnologico, nella sua forma attuale, non è sufficiente per affrontare le sfide profonde del nostro tempo.

Per andare oltre il blocco storico che Musk rappresenta, occorre riprendere il percorso della Filosofia della Praxis, quella concezione critica che vede il cambiamento sociale come un processo storico concreto, radicato nei rapporti materiali e nelle condizioni culturali delle masse. Come avevo scritto nei Quaderni, non esistono leggi universali del progresso umano: ogni movimento rivoluzionario deve emergere dalle contraddizioni specifiche del proprio tempo.

Se ai miei tempi il soggetto rivoluzionario era identificato principalmente nella classe operaia industriale, oggi dobbiamo riconoscere che i processi di trasformazione tecnologica hanno ridisegnato la composizione sociale e i rapporti di forza. La classe operaia non è più il soggetto unico del cambiamento, ma nuovi soggetti rivoluzionari stanno emergendo dalle contraddizioni del capitalismo tecnologico:

  1. I lavoratori delle piattaforme digitali: Rider, programmatori, creatori di contenuti e altri lavoratori della gig economy sono esposti a nuove forme di sfruttamento che richiedono una lotta specifica contro la precarietà e il controllo algoritmico.
  2. Le comunità colpite dall’estrattivismo: Popolazioni locali che subiscono le conseguenze dell’estrazione di risorse necessarie per le tecnologie “green” — come il litio per le batterie — possono diventare un fronte di resistenza contro le logiche devastanti del capitalismo globale.
  3. I movimenti per la giustizia ambientale: La crisi climatica non è separabile dalla crisi del capitalismo, e i movimenti che lottano per la sostenibilità ecologica stanno acquisendo una centralità che va oltre la semplice opposizione ambientalista.
  4. Le nuove generazioni digitali: Giovani che crescono in un mondo dominato dalla tecnologia, ma alienati dalle sue promesse, rappresentano una forza potenziale per immaginare e costruire un sistema diverso.

La Filosofia della Praxis ci insegna che il cambiamento non può avvenire attraverso la semplice presa del potere o l’innovazione tecnologica: deve essere il risultato di una trasformazione culturale profonda che unisce struttura e sovrastruttura in un nuovo blocco storico. Questo richiede un lavoro intellettuale e organizzativo che sappia mobilitare le energie latenti di questi nuovi soggetti, costruendo una visione del futuro che non sia legata al profitto o al dominio tecnologico, ma alla giustizia, alla libertà e all’emancipazione collettiva.

In questo senso, il nostro compito non è solo quello di criticare figure come Musk, ma di proporre alternative concrete che mettano al centro l’umanità nella sua complessità, immaginando un futuro che superi le logiche di subordinazione e alienazione che oggi sembrano inevitabili. È solo attraverso la pratica consapevole che possiamo trasformare le ideologie dominanti e costruire una società in cui il progresso sia davvero al servizio di tutti.

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Indice del volume Nella mente di Elon Musk (Visione Editore)

La Vignetta di Alfio Krancic

Editoriale

  • Dottor Elon e Mister Musk (Francesco Toscano)

Introduzione

  • Genio o jinn? (Enrica Perucchietti)

L’alleanza Trump-Musk segna un nuovo inizio?

  • Elon Musk: il compromesso di una scelta tra liberazione e angoscia (Bruno Scapini)
  • Elon Musk: chi si fida? (Glauco Benigni)
  • Il Great Reset e il “ciclone Elon” (Maurizio Milani)

Luci e Ombre

  • Dimmi cosa provi per Elon Musk e ti dirò chi sei (Roberto Quaglia)
  • Elon Musk: un’icona della contraddizione tra conservatorismo e innovazione radicale (Pino Cabras)
  • Elon Musk: un profilo inedito (Adriano Segatori)

L’uomo che cadde sulla Terra

  • Il Novus Ordo di Trump e Musk (Paolo Gulisano)
  • Elon Musk, un cristiano “culturale” eticamente ambiguo (Matteo Orlando)
  • Il messia Elon Musk (Gianluca Marletta)
  • Musk, un marziano molto terrestre (Pino Cabras)
  • Dal cosmismo al transumanesimo, il fascino del Pianeta Rosso (Enrica Perucchietti)

Un chip per potenziarci (o per dominarci?)

  • Elon Musk: l’impero del web alleato di Trump (Roberto Siconolfi)
  • Neuralink: le derive distopiche del neurocapitalismo (Enrica Perucchietti)
  • Elon Musk e l’americanismo tecnologico del XXI secolo (Pino Cabras e AIntonio GrAImsci)

 

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