Il cappio di Delrio, Gasparri, Ben Gvir


Sì, a ragion veduta associo i volti di questi tre politici a un cappio. Non è per rimando a quel senatore leghista di trent’anni fa. Non è per invocare giustizia sommaria. Non sia mai! Non sono mica Ben Gvir né nessuno dei fiancheggiatori del genocidio incontrati da certi parlamentari italiani alla Knesset.
Metto il cappio in copertina solo per strappare il velo dell’ipocrisia che avvolge i promotori delle nuove norme liberticide italiane: leggi che soffocheranno la libertà di parola trasformando la critica politica in un reato d’opinione.
Le vergognose norme liberticide pensate da Delrio e Gasparri sono il coronamento di una politica che Ben Gvir e altri suprematisti razzisti che dominano lo stato israeliano hanno perseguito per anni in tutto il mondo, spendendo somme gigantesche per oliare un apparato di pubbliche relazioni avente un unico scopo: assimilare per legge le critiche alle loro malefatte a una forma di antisemitismo.
Mentre ieri Ben Gvir e i suoi lugubri scagnozzi giravano nei corridoi della Knesset per propagandare la loro proposta di legge volta a introdurre la pena di morte per i resistenti palestinesi, si appuntavano sul bavero una vistosa riproduzione gialla di un cappio da impiccagione.
Quando avevano presentato la proposta di legge avevano perfino offerto dolcetti ai presenti con aria tronfia e soddisfatta.
Anche ieri Ben Gvir grondava non il solito sudore di quando vessa i carcerati, ma un senso di gioia malsana. Forse avrà pensato ai suoi colleghi Delrio e Gasparri che gli facevano il favore di scrivere norme per le quali poter criticare lui, i suoi atti, le cause dei suoi atti, sarà considerato antisemitismo. Con in più tante belle misure amministrative per creare una cappa di censura nelle università, nei media e nelle piattaforme sociali (non a caso giudicate fronte di guerra primario dal gran capo, Bibi il Genocida).
Non male, vero? Ad esempio, il mio libro «Contro il “Sionismo Reale”» – che propone una lettura geopolitica degli eventi del Medio Oriente, con particolare attenzione alla critica del sionismo come ideologia di potere, senza mai scadere in generalizzazioni etniche o religiose né tantomeno in forme di antisemitismo – verrebbe inquadrato come antisemita. A nulla varrebbero i continui richiami da me scritti alla necessità di superare ogni logica razzista o suprematista, anche con riferimento al dialogo tra i popoli e alla soluzione di ‘uno Stato per due popoli’. Con un tratto di penna saremmo entrati in una nuova fase della caccia alle streghe e nessuna libertà in materia di ricerca, di critica storica avrebbe spazio.
Provate ora a immaginare con quale entusiasmo università e istituzioni concederebbero una sala a studiosi critici verso Israele.
Non a caso queste norme sono difese da significativi settori del PD, inclusa la santona del piciernismo, che finalmente potrà dare un senso ai suoi incontri istituzionali con i più estremisti esponenti del suprematismo dei coloni. Poi, non sentite anche voi un certo profumo di Fassino?
E anche Gasparri – già amministratore della società israeliana TELIT Communications, fondata da pezzi grossi dell’esercito israeliano, citata da Report nel 2007 per i suoi intrecci nel settore della sorveglianza e delle intercettazioni, poi presidente della Cyberealm, società di cybersicurezza collegata a operatori israeliani, attiva con enti pubblici italiani e con la RAI (e senza mai smettere di essere parlamentare), avrà buon gioco a dire che la sua è solo una superba passione della migliore gioventù italiana.
A questo punto suggerisco a Delrio e Gasparri di completare l’opera: appuntatevi anche voi il cappio giallo. Non siate suprematisti timidi. Abbiate il coraggio di presentarvi per ciò che siete, senza girare intorno al lume: fiancheggiatori di uno stato che pratica una forma di apartheid, che massacra sistematicamente e deliberatamente i civili, che assedia in modo disumano un intero popolo rendendogli inabitabile il territorio e che intende realizzare un colonialismo massiccio di sostituzione.
Chiederei solo una cosa a Delrio.
Graziano, per favore smettila di citare Giorgio La Pira. Io l’ho studiato e tu semplicemente lo profani in una maniera squallida. E togli dai social quel tuo civettuolo “Osare la Pace”: il tuo marchio vero, oggi, purtroppo, è il cappio di Ben Gvir.

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