di Pino Cabras
da Megachip.
Da un post provocatorio a un dibattito TV: metamorfosi di una polemica sul giornalismo di fronte al sovversivismo dall’alto e le stragi nelle capitali europee
In questi giorni si è molto parlato di giornalismo, nel corso della polemica fra Peter Gomez e Giulietto Chiesa, dopo l’iperbolica provocazione di quest’ultimo in un post sul suo blog del Fatto Quotidiano, a proposito della strage di Bruxelles. La polemica ha avuto un doppio effetto su Giulietto. Da un lato, in una delle tante piccole nicchie del web in cui si discute di queste cose, si è consolidato il solito “frame” fra chi è a caccia di conferme e vede in lui il “complottista”. Dall’altro è diventato indispensabile invitarlo in TV. Chi non capisce questo, non capisce la TV.
E infatti Gianluigi Paragone, che di TV ne capisce, invita Giulietto Chiesa e anche Peter Gomez.
Gomez conferma che lui ci tiene a rimarcare le distanze dal complottismo e che una volta che Giulietto gli presenterà i fatti, ne parlerà. Ma Chiesa in TV non sta più giocando quella partita di domande strane con cui aveva stuzzicato un piccolo segmento del web, scoperchiando il consueto vespaio. No, in TV gioca una partita diversa, si rivolge a un’audience di gran lunga più vasta, alla quale gli argomenti arrivano dritti senza le curve. E allora il fondatore di Pandora TV fa una sola domanda molto precisa al direttore della versione on line del Fatto Quotidiano, che reclamava i fatti, e all’intera categoria dei giornalisti italioti. Chiede a Gomez e colleghi: come mai non avete mai raccontato questo fatto enorme, cioè che l’inchiesta sulla strage di Charlie Hebdo è stata bloccata con il segreto di Stato per decisione del ministro dell’interno francese Cazeneuve?
Panico. Il pubblico televisivo vede Gomez, che ha fama di giornalista d’inchiesta, mentre arrossisce, farfuglia e, in un impeto di sincerità, ammette: “nessuno dei nostri corrispondenti me ne ha mai parlato”. Ecco, bravo Gomez. Questo è il vero giornalismo italiano. Che non ha nessuno che sappia né voglia raccontare un fatto di capitale importanza che riguarda una delle più importanti inchieste europee sul terrorismo degli ultimi dieci anni: mentre i giudici indagavano su chi aveva dato le armi al defunto terrorista Coulibaly, l’inchiesta è stata fermata d’imperio là dove emergevano i rapporti tra i terroristi e i servizi segreti francesi. Manco fossimo negli anni settanta italiani.
Cioè: centinaia di redazioni non hanno dedicato alcun approfondimento a un fatto che ridisegna il quadro del terrorismo europeo e mondiale. Mica è un complotto. In fondo è solo la vecchia storia di settori opachi dello Stato in costanti rapporti con la manovalanza paramilitare del jihadismo, il solito gioco di sponda di governanti ricattati e ricattatori nell’incomprensibile biliardo degli eccidi terroristici. Un tavolo di gioco controllato da menti raffinate e occulte, le cui alleanze sono inconfessabili, gli scenari sono internazionali e le affiliazioni sono inquietanti, strage dopo strage, guerra dopo guerra. Il “sovversivismo dall’alto” è implacabile, mentre il giornalismo si placa, e non sa riconoscere le notizie. Così, perfino Il Fatto Quotidiano, che pure aveva stampato una versione italiana di Charlie Hebdo per tenere in alto l’argomento, non ha saputo di dove l’indagine sulla strage si sia insabbiata.