La Grecia nella meccanica bruta dei rapporti di forza

di Pino Cabras
da Megachip


Riflessioni su quel che si prepara per la Grecia, in un passaggio storico drammatico durante la crisi definitiva del ‘sogno’ europeo 


Vi proponiamo alcune riflessioni in ordine sparso su quel che si prepara per la Grecia, in dirittura d’arrivo verso un passaggio storico drammatico: non il primo e non l’ultimo di questa tempesta che segna già la crisi definitiva della narrazione sul costrutto europeo così come è giunta fino ad oggi. Il re è nudo. L’incubo europeo ha terminato le sue riserve di soft power che volevano venderlo come un sogno. Sarà che a Berlino non ci hanno mai saputo fare granché con il soft power.  Vi proponiamo tre letture di questo importante momento. Marcello FoaGiuseppe Masala e Giulietto Chiesa ragionano della vicenda da tre diverse angolazioni: l’irriformabilità dell’attuale ordine istituzionale dell’Unione europea, l’enorme fuggevolezza dei risultati e delle visioni degli attori della tragedia greca del XXI secolo, l’incomprensione delle difficoltà strategiche immani toccate in sorte ad Alexis Tsipras in un contesto in cui il potere eurocratico ha i mezzi per strozzare e sopraffare un’intera economia.
rapporti di forza agiscono ormai senza diluizioni, senza veli, con atti di meccanica bruta, come in guerra. La differenza fra una resa totale di Atene e un compromesso passa attraverso un elemento: la presenza o meno di un consistente taglio del debito nell’accordo finale in queste prossime ore. La mia previsione è che il taglio del debito greco , una parziale remissione, si farà.  Tsipras non rientrerà ad Atene a mani vuote. Questo non significa che abbia già ottenuto il via libera a una piena e sovrana gestione della politica economica del suo paese (siamo ancora dentro il paradigma assurdo dell’austerity: sia i debitori che i creditori avrebbero così “comprato tempo” pagando un prezzo, senza però risolvere i nodi di fondo). Dalle interpretazioni delle manovre di questi giorni deduciamo che gli USA, nel loro classico “leading from behind”, abbiano imposto alla Germania di impegnarsi per non far andare via la Grecia dal campo della NATO, cosa che sarebbe per Washington una catastrofe geostrategica. Si apriranno nuovi giochi e nuovi scenari, per chi vorrà cogliere le occasioni della storia. Ma tutto si giocherà in un tempo politico estremamente breve in cui nulla sarà “a bocce ferme” e in cui una pistola sarà sempre sulla tempia dei governanti greci (e anche sulla tempia di milioni di europei).
Se non ci sarà taglio del debito (lo scopriremo in poche ore) la crisi della democrazia europea entrerà in una sorta di avvitamento, e dovremo aggiornare in modo drammatico le analisi.
Mi viene in mente la frase dell’avvocato Gavin D’Amato, impersonato da Danny De Vito nella Guerra dei Roses: «in un divorzio non c’è vittoria, solo diverse gradazioni di sconfitta».
In questo caso non c’è nemmeno una legge che regoli il divorzio fra la Grecia e l’Euro. Nessuno purtroppo è in grado di assicurare che qualsiasi scelta fatta ora possa garantire una meta certa e vittoriosa. Dobbiamo dunque ragionare sulla gradazione della sconfitta. Questo continente, il continente che ha innescato due guerre mondiali e con delle guerre già in corso, ha davvero poco tempo per riflettere e agire per la propria salvezza.
Buona lettura!

Accordo Grecia: avete capito che l’Unione europea non è riformabile?
di Marcello Foa
Che cosa resterà della crisi greca, considerato che l’epilogo sembra ormai segnato, salvo sorprese dell’ultimo minuto? Di positivo la capacità di reazione di un popolo. Ilno degli elettori, lo scorso week-end, è stato un no a un’idea di Europa basata sull’austerity, sui vincoli assurdi della moneta unica, su un concetto non democratico e verticistico dell’Unione. Il fatto che oltre il 60% di un popolo si sia espresso con tanta convinzione rappresenta un segnale di malcontento profondo e non eludibile; significa che la coscienza critica dei popoli europei non è sopita e che il Dna democratico è ancora vigoroso e può essere contagioso. Da oggi, come già osservato, la Lega, il Movimento 5 Stelle, Podemos, la Le Pen e, fuori dalla zona euro, lo Ukip di Farage e altri movimenti poco noti, ricevono una spinta propulsiva e vitalizzante i cui effetti si manifesteranno nei mesi a venire. Purtroppo l’epilogo della splendida rivolta greca non è all’altezza delle aspettative. L’accordo che si sta perfezionando non è molto diverso da quello che è stato respinto alle urne. Tsipras può vantare nuovi aiuti e la verosimile ristrutturazione di una parte del debito, ma i nodi restano intatti e, come ha giustamente osservato Alberto Bagnairiesploderanno nei prossimi mesi.
Atene ha preso soltanto tempo.
E allora perché quest’esito gattopardesco? Le ragioni sono due. La prima: a imporre la «pax greca» sono stati gli Stati Uniti, che dapprima hanno manovrato sotto traccia poi hanno fatto sentire la propria voce tramite il segretario al Tesoro. Gli Usa non possono permettere il grexit per le sue implicazioni strategiche; spingere la Grecia fuori dall’euro avrebbe significato consegnarla nelle braccia di Putin (vedi post), un’eventualità catastrofica per Washington tanto più in un periodo di forti tensioni in Ucraina. Ma Obama non può permettere il grexit perché il progetto dell’euro è fondamentale per la Casa Bianca, che lo ha sempre sostenuto dietro le quinte. Anzi, come è emerso dalla pubblicazione di alcuni documenti desecretati della Cia e del Dipartimento di Stato lo ha ispirato e guidato sin dall’inizio per il tramite dei padri fondatori del progetto europeo. L’America ha picchiato i pugni sul tavolo sia con il governo greco che con gli europei. E le tensioni si sono sciolte nell’arco di poche ore. La seconda ragione riguarda le illusioni di Tsipras, che è uno splendido capopopolo, un emozionante condottiero delle piazze e ha dato prova di notevole coraggio, ma non è uno statista. Si illudeva, Tsipras, di poter costringere l’Unione europea a rinnegare se stessa ovvero a gettare a mare 15 anni di politica economica repressiva e ad ascoltare improvvisamente le istanze di un popolo su base autenticamente democratica, come dovrebbe essere, ma come non è quasi mai stato in un’Unione Europea costruita dall’alto verso il basso e terrorizzata dal suffragio universale espresso tramite referendum.
Ora c’è la prova oltre ogni ragionevole dubbio: chi resta nell’euro deve continuare a prendere ordini dall’Unione europea e dalla Banca Centrale; deve sottomettersi all’austerity predicata dal Fondo monetario internazionale; dunque deve continuare a indebitarsi e a sprofondare nel circolo vizioso di una recessione senza fine e senza speranza.
Tsipras non aveva un piano B e non ha mai contemplato l’uscita dall’euro. L’esperienza dimostra, invece, che chi vuole davvero far ripartire l’economia del proprio Paese e sottrarsi al giogo della Troika non può illudersi e deve prepararsi, per tempo, all’unica soluzione realistica: l’uscita programmata – e non imposta – dalla moneta unica. Altre soluzioni non ce ne sono.

Crisi greca: hanno tutti perso la lucidità
di Giuseppe Masala
È evidente che si tratti di una situazione nella quale i protagonisti hanno perso totalmente la lucidità. – Alexis Tsipras sa che non ha tempo e sa che la Grecia è totalmente impreparata per il Grexit. Non escludo che abbia subito pressioni fortissime anche da Barack Obama, di quelle che non si possono rifiutare. Ora pare che Tsipras abbia accettato delle proposte concordate con François Hollande che gli spaccheranno il partito e che forse gli costeranno il governo, sempre che non accetti un governo di unità nazionale che ne decreterebbe comunque la fine politica.
– Angela Merkel se boccia l’accordo facendo uscire la Grecia dall’euro verrà letteralmente scannata come una gallina da Obama, se accetta verrà scannata come una gallina dagli oltranzisti della CDU e degli altri partiti tedeschi capeggiati daWolfgang Stranamore Schäuble.
– Mario Draghi non si capisce cosa farà lunedì in caso di accordo. Accetterà di allargare i cordoni della borsa della liquidità emergenziale quando il suo azionista di maggioranza Weidman ha già detto di no? Ha la maggioranza nel direttivo BCE? Credo di no. Intanto pare che le banche greche abbiano in cassa solo 750 milioni di euro. Lunedì finiscono tutto. Lunedì!
– Nel frattempo Moody’s fa un report dove finalmente si dice quello che dico io da 15 giorni: “Accordo o non accordo qui bisogna trovare tra i 30 e i 40 miliardi di euro per una ricapitalizzazione delle banche greche”. Sottolineo: ricapitalizzazione, non liquidità (quello è un altro tipo di problema che può risolvere la BCE. ricapitalizzare no, non può proprio farlo).
Insomma, è un casino quasi impossibile da risolvere anche per persone nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali. Che dire? Dubito che in questo momento i protagonisti queste facoltà le abbiano. A me la situazione pare questa. Ormai, aggiungo che a scompigliare tutto c’è un altro fattore: il tempo. Non so se c’è tecnicamente il tempo…
Fonte: Facebook.

Waterboarding sulla Grecia
di Giulietto Chiesa.
PAROS
(Grecia) – Lo rivelò Varoufakis. Adesso lo stanno accelerando. Di fatto stanno facendo crollare il sistema bancario. Nessuno può più comprare niente. Cioè non può più vendere niente. Chiudono i distributori di benzina. I negozi. I ristoranti. Figurarsi cosa succede alle altre attività produttive. Può permettersi di sopravvivere, ma per poco, solo chi aveva i soldi nel materasso. L’UE è un’organizzazione mafiosa. Come previsto puntano al peggio. Schäuble disse a Tsipras: “quanto volete per uscire dall’euro?”
Cioè ci sono due strategie: quella dei tedeschi, che vogliono la Grecia fuori. E quella di Wall Street (cioè di Obama) che vuole la Grecia dentro (ma solo perché teme che finisca in braccio a Putin). Dal punto di vista tedesco, meglio fuori una Grecia che si ribella e dentro tutti quelli che chinano il capo. In fondo il debito greco è poca cosa rispetto alla sterminata massa di derivati della Deutsche Bank. Il potere è più importante del denaro. In ogni caso poi la Grecia possono ricondurla all’ovile dopo averla strangolata. Così se la mangiano tutta privatizzandola.
Certo, c’è chi insiste: “i ristoranti son pieni,i supermarket stracolmi di ogni mercanzia…turisti a fiumi, e senza restrizioni di sorta…”. Falso. Tutto questo riguarda i turisti stranieri. Ma oggi uno dei due distributori di Antiparos (Cicladi) è stato chiuso per mancanza di benzina. Chi voleva comprarsi una radiolina si è sentito dire che non si può prenotare niente ad Atene, perché non inviano, essendo impossibili le transazioni bancarie. Se qualcuno dice che i greci vanno a comprare da mangiare, non mi stupisce. O pensa che debbano anche morire di fame? Anche in Italia i ristoranti sono pieni. Ma tutto il resto è vuoto. Anche noi viviamo con i risparmi. Fino a quando?
Sono in Grecia e riferisco quello che vedo, non quello che leggo. Le banche sono chiuse, non c’è denaro. Mi volete spiegare come fa un ristoratore e comprare il cibo per i suoi clienti con 60 euro al giorno? Se li aveva nel materasso userà quelli. Se non li aveva, abbassa la saracinesca. Inutile chiudere gli occhi. Stanno strozzando la Grecia. E possono strozzare chiunque osi mettere in discussione il loro potere. A meno che la gente non apra gli occhi. Poi ci sono le mosche cocchiere. Chi, oggi, attacca Tsipras, favorisce le banche che strozzano la Grecia. Nessuno ha la qualifica per giudicare chi ha guidato, come ha potuto, questo processo di rinascita greca. Tsipras sa meglio di tutti (e fino ad ora lo ha dimostrato, vincendo due confronti elettorali decisivi) quali sono i problemi del suo popolo. Chi parla di tradimento, oggi, non solo non sa valutare i rapporti di forza attuali. Non conosce né il nemico, né l’amico. Dunque invita alla sconfitta. La favorisce, la rende più facile.
Fonte: Facebook.

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