L’eolico ad alta quota: arriva l’Abbondanza?

di Ugo Bardi – «The Oil Drum: Europe»
Traduzione a cura di Massimo Spiga per «Megachip» (clicca qui)
Energia eolica raccolta ad alta quota grazie all’uso di aquiloni: questa è l’idea fondamentale della tecnologia Kitegen. In questa configurazione (detta “a stelo”), l’aquilone raggiunge un’altitudine di circa 1000 metri ed esercita una trazione su di un generatore elettrico posto al suolo. L’energia eolica d’alta quota si prospetta come una tecnologia a basso costo e di facile diffusione, capace, in teoria, di produrre quantità di energia paragonabili, o addirittura superiori, alla produzione odierna, basata sui carburanti fossili. (clicca qui per vedere una rappresentazione animata del funzionamento dello stelo).
Come mai l’energia é un problema? Dopotutto, abbonda ovunque intorno a noi. Il Sole proietta sulla superficie terrestre una dose quotidiana di energia che corrisponde a quasi diecimila volte quella da noi prodotta (principalmente con lo sfruttamento dei carburanti fossili). Inoltre, questa stima non include l’energia geotermica né le prospettive possibili dell’energia nucleare, specialmente se si parla di quella ottenuta grazie alla fusione. E’ sufficiente un assaggio a questo banchetto energetico che ci circonda per offrirci più di quanto ci serva. Ma, ovviamente, le cose non sono così semplici. Per soddisfare le nostre necessità dipendiamo ancora dai carburanti fossili in maniera consistente e la conversione a fonti di energia alternative si sta dimostrando un processo molto lento e difficoltoso. La costruzione degli impianti nucleari tradizionali sta diminuendo (WNA 2009) e l’energia prodotta dalla fusione rimane ancora una frontiera lontana. Le fonti di energia rinnovabile tradizionali, come la combustione del legno e l’idroelettricità, hanno possibilità di espansione molto limitate, mentre le “nuove” rinnovabili (principalmente la fotovoltaica e l’eolica) producono solo una minuscola frazione del fabbisogno energetico del pianeta. Per la prima volta nella storia, l’anno scorso, l’energia fornita da fonti rinnovabili ha superato quella degli impianti tradizionali in Europa e negli Stati Uniti (REN21 2009). Le fonti rinnovabili crescono velocemente, ma possono farlo abbastanza rapidamente da compensare il consumo dei carburanti fossili? E’ un problema di costi. Il che può essere inteso come mero costo monetario oppure come redditività energetica dell’energia investita (definito con la sigla EROEI). Come mostrato nei grafici di Charles Hall (2009), l’EROEI delle fonti rinnovabili è, nella maggior parte dei casi, ragionevolmente alto (con l’eccezione dei biocarburanti). Si attesta intorno a 10 per gli impianti fotovoltaici e 20 per quelli eolici: un ritorno simile a quello della tecnologia nucleare. Sono ritorni eccellenti, considerando l’investimento, ma non arrivano al livello che i carburanti fossili raggiunsero nella loro epoca d’oro. Decenni fa, l’EROEI del petrolio raggiungeva la cifra 100, e forse anche di più (Hall 2009). E’ stato questo altissimo EROEI a portare i carburanti fossili al predominio che detengono tutt’oggi sul mercato. Incapaci di raggiungere EROEI così elevati, le altre fonti energetiche non avevano alcuna possibilità di competere. Ed, infatti, ancora oggi abbiamo bisogno di energia fossile per costruire impianti che generano energia di tipo non-fossile. Ma, con i carburanti tradizionali in netto declino, sarà molto difficile sostenere la crescita di energie alternative ad un ritmo abbastanza rapido da fornire una transizione dalle fonti convenzionali a quelle nuove senza strappi. Possiamo immaginare un mondo industrializzato che non necessita carburanti fossili, ma pare che non riusciremo ad arrivarci abbastanza in fretta. Quindi, siamo di fronte alla maledizione di Tantalo: siamo circondati da enormi quantità di energia, ma non riusciamo a sfruttarla. E questo sarà vero finché non svilupperemo una tecnologia che abbia un EROEI molto migliore di quella presente. Con un ritorno energetico molto rapido rispetto agli investimenti, potremmo liberare il sistema energetico mondiale dalla sua dipendenza dai carburanti fossili. E questo, sfortunatamente, è più facile a dirsi che a farsi. Internet è ricca di proclami di presunte rivoluzioni tecnologiche che promettono molto ma spesso risultano essere solo sogni; o, in alcuni casi, addirittura truffe. Però, potrebbe esistere una tecnologia energetica, basata su principi fisici accertati, capace non solo di promettere, ma di fornire un EROEI alto: l’energia eolica d’alta quota. L’idea fondamentale di questo tipo di energia è che il vento è diventa molto più intenso man mano che ci si sposta verso le fasce alte dell’atmosfera. La velocità media del vento aumenta con l’altezza, in base ad una curva esponenziale (chiamata “esponenziale di Hellman”) pari ad 1/7. Ma l’energia contenuta in una massa d’aria in movimento aumenta al cubo della sua velocità. Con un semplice calcolo, scopriremo che elevando la turbina ad un’altezza di 800 metri, l’energia fornita aumenta di un fattore di 8 rispetto a quella che otterrebbe a livello del suolo. Sono possibili incrementi maggiori ad altitudini più elevate, in cui i venti hanno anche una maggiore costanza; in questo modo, si evita il problema dell’intermittenza, tipico delle turbine eoliche tradizionali. Ma, ovviamente, è impossibile raggiungere queste altezze con l’attuale tecnologia eolica, che arriva al massimo a 100 metri, a causa del costo e del peso della torre. Questo concetto è palese da lungo tempo ed ha generato svariate proposte per sfruttare l’energia eolica ad altitudini maggiori. Ci sono due modi possibili per farlo: palloni aerostatici ed ali. Potete seguire un riassunto degli ultimi sviluppi in materia nell’opera di Big Gav (2009) pubblicata da TOD. Come potete vedere, ci sono molte idee in questo campo, molte delle quali si limitano ad essere semplici schemi su un foglio. In molti casi, la fornitura energetica dei sistemi proposti è solo un’ipotesi, mentre in altri casi (come quello dei palloni aerostatici) la necessità di impiegare una risorsa non rinnovabile è un limite considerevole. Comunque, alcuni sistemi sono stati studiati a fondo ed altri testati con il metodo sperimentale. I sistemi basati sui rotori sono realizzabili ed quelli basati sugli aquiloni, in particolare, sono estremamente promettenti. Saul Griffith della Makani Power ha mostrato alcune immagini di un esperimento in cui ha impiegato un aquilone a tre corde. Anche Wubbo Ockels (della Delft University of Technology) sta svolgendo esperimenti basati sugli aquiloni. In questo campo, il sistema più avanzato pare il Kitegen: un aquilone creato da Massimo Ippolito della Sequoia Automation, un’azienda italiana. I test sui prototipi di questo sistema sono stati conclusi ed il primo impianto energetico di questo tipo è attualmente in costruzione nell’Italia settentrionale. Il Kitegen è un semplice sistema aerodinamico: usa aquiloni d’ultima generazione che ascendono in modo dinamico, volando a 70-80 metri al secondo, che è anche la massima velocità raggiunta dalle estremità delle pale di una turbina eolica convenzionale. Nella sua configurazione più semplice (chiamata “a stelo”), il sistema impiega un solo aquilone, collegato ad un generatore posto al suolo. L’aquilone si muove come uno yo-yo: quando sale, genera energia che viene trasformata in elettricità dal generatore. Quando raggiunge la sua massima elevazione, viene posto in una configurazione aerodinamica di stabilità, in modo che possa essere tirato giù con un dispendio energetico minimo. Due steli che operano in sinergia potrebbero funzionare come un motore a due cilindri, sebbene la fase in cui si produce energia durerebbe il 90% del tempo, mentre a quella di “ritiro” sarebbe molto più breve. Un solo stelo potrebbe fornire un’energia massima di qualche Megawatt. Impianti più grandi potrebbero essere utilizzati nella configurazione detta “a giostra”. In questo caso, gli aquiloni volano ad un’altezza costante, a quota molto più elevata, esercitando una trazione su un generatore che è disposto su un binario circolare. In questo caso, l’energia massima ottenibile raggiunge uno o più Gigawatt. Considerati gli studi dettagliati sul Kitegen, possiamo usarlo per fare una stima dell’EROEI offerto dai sistemi eolici d’alta quota. Prima di farlo, comunque, è meglio riassumere i dati che conosciamo sull’odierna tecnologia eolica. Nalukowe e i suoi colleghi hanno recentemente condotto una ricerca, per conto della LCA, sulle turbine eoliche convenzionali da 3 Megawatt: secondo le loro stime, l’energia necessaria per costruire e manutenere una turbina per un periodo di 20 anni è di circa 8000 Megawatt orari. Dato che il peso totale della parte della struttura che emerge dal terreno è di 400 tonnellate, possiamo calcolare che abbia un fabbisogno energetico di circa 20 Kilowatt orari per ogni chilo. La turbina produrrà 160,000 Megawatt orari durante la sua esistenza e quindi l’EROEI finale è di circa 20. Qual’è il risultato di un approccio simile alla tecnologia Kitegen? Secondo Massimo Ippolito (informazioni pubblicate su www.kitegen.com) l’energia necessaria per produrre un Kitegen da 3 Megawatt è di 40 Kilowatt orari per chilo, oppure di 40 Megawatt orari per tonnellata. Questo calcolo prende in considerazione tutti i materiali necessari per la costruzione: l’acciaio che costituisce la struttura, il rame dei cavi elettrici, il neodimio ed il boro necessari per i magneti, il montaggio dei macchinari, il trasporto, la costruzione, et cetera. Questa cifra include anche i costi energetici relativi al lavoro degli operai all’impianto e alla periodica sostituzione dei cavi e degli aquiloni, in un arco temporale di 30 anni. E’ evidente che il Kitegen richiede molta più energia al chilo di una turbina eolica convenzionale; c’era da aspettarselo: dopotutto è una tecnologia molto più complessa. Ma lo stelo è anche più leggero. Un impianto da 3 Megawatt pesa circa 30 tonnellate. Quindi, potremmo stimare che l’investimento energetico totale per la sua costruzione ruota intorno ai 1200 Megawatt (30 tonnellate moltiplicate per 40 Megawatt orari a tonnellata). Se supponiamo che il nuovo impianto funzioni 5mila ore all’anno, a potenza massima, produrrà approssimativamente 15mila Megawatt orari all’anno, o 450mila in 30 anni. Il risultato finale è un’EROEI di 375 (!!). Se supponiamo un’esistenza di soli 20 anni, questa cifra potrebbe ridursi, ma risulterebbe comunque enorme. Impianti Kitegen più grandi, del genere “a giostra”, riuscirebbero a raggiungere altitudini maggiori, attingere a venti più forti ed avere un EROEI ancora maggiore. Questo calcolo è valido per il caso specifico del sistema Kitegen, ma anche altri sistemi basati su aquiloni o rotori avrebbero EROEI di questa scala di grandezza. Ovviamente, questi dati vanno presi con molta cautela, però sono sufficienti per mostrarci l’enorme potenziale dell’energia eolica d’alta quota. Gli EROEI più alti di 100 ci riportano all’epoca d’oro dell’abbondanza e del basso prezzo dei carburanti fossili, senza tutti i problemi e i pericoli annessi a questo tipo di fonte energetica. Un ulteriore vantaggio degli impianti a energia eolica d’alta quota é l’ubiquità della loro edificabilità; inoltre, possono fornire energia in maniera sostanzialmente continuativa (Archer e Caldeira, 2009). Sebbene l’alto costo dello stoccaggio di energia non possa essere completamente eliminato, ne risulterebbe assai ridotto. Con l’eolico d’alta quota, potremmo sul serio avere quel tipo di energia “troppo economica per tenerne conto” che è stato profetizzato negli ottimistici anni ’50. Non solo avremmo energia economica, ma potremmo averla in tempi brevi. Consideriamo una turbina eolica tradizionale, con un EROEI di 20 ed una vita di 20 anni. In questo periodo, l’energia generata potrebbe essere usata per costruire altre 20 turbine; in media, una all’anno. Un Kitegen, con un EROEI maggiore di 200, potrebbe essere il “seme” per centinaia di altri Kitegen, con una media di uno al mese. Con un EROEI di questa dimensione, l’energia eolica d’alta quota non avrebbe bisogno della “stampella” dei carburanti fossili: potrebbe crescere con le sue sole forze, sostituendosi alle fonti fossili molto prima che si consumi l’ultima goccia di petrolio. Potrebbe anche facilitare la lotta al riscaldamento globale, offrendo un rapido taglio ai gas serra prodotti dai carburanti fossili. Ovviamente, tutto questo è da considerarsi un sogno, finché non sarà testato e verificato. Ma, come minimo, è un sogno dalle solide basi fisiche ed ingegneristiche. Ma, anche se accettiamo in linea teorica il basso costo e l’alto EROEI, dobbiamo tenere a mente che il pianeta Terra è un sistema limitato. Quindi, quali sono i confini ultimi dell’eolico d’alta quota? Si stima che circa il 2% dell’energia solare che arriva sulla superficie terrestre si trasformi in energia eolica. L’atmosfera non è un motore termico molto efficiente, ma si tratta di una quantità di energia tale che un semplice 2% risulterebbe abbondante rispetto alle nostre necessità. Si stima che il totale dell’energia accumulata in forma eolica corrisponda a circa 2000 Terawatt (Hurley 2009), o forse più, secondo altre stime. Per capire la mole d’energia di cui si sta parlando, potremmo fare in confronto: l’energia primaria totale che l’umanità produce oggigiorno corrisponde ad una media di circa 16 Terawatt. Quindi non c’è dubbio che l’energia eolica sia abbondante: secondo una ricerca del 2005 di Archer e Jacobson, già a 80 metri d’altezza troviamo un livello di energia tale che, con le attuali energie eoliche, sarebbe sufficiente per generare un quantitativo di energia eolica pari al totale della produzione energetica odierna. Ma c’è n’è un quantitativo maggiore ad altitudini più elevate e dovremmo sfruttarne solo una bassa percentuale di esso per riuscire a soddisfare il nostro attuale fabbisogno. Un problema potrebbe essere costituito dall’effetto dei rotori o degli aquiloni sulla circolazione del vento atmosferico. Questo aspetto è stato esaminato da Archer e Caldeira (2009) grazie all’uso di modelli climatici. I risultati mostrano che attingere a questo tipo di energia potrebbe ridurre le precipitazioni. Tale effetto sarebbe comunque poco significativo (una riduzione delle precipitazioni dello 0,1%) se volessimo raggiungere un quantitativo energetico pari al nostro fabbisogno odierno. Ciononostante, questo effetto collaterale limita la portata della tecnologia eolica d’alta quota. Utilizzarla per produrre un quantitativo di energia pari a dieci volte il nostro fabbisogno odierno potrebbe risultare sconveniente. Si tratta comunque di grandissime quantità di energia gratuita e a bassissimo impatto sugli ecosistemi terrestri. Potrebbe essere anche accresciuta, indirettamente, se impiegassimo l’energia eolica per fabbricare pannelli fotovoltaici o altre tipologie di impianti solari. Non dovremmo essere sorpresi da questo tipo di prospettive. Dopotutto, come abbiamo detto, siamo circondati da alti quantitativi di energia e, se riuscissimo a trovare il modo di sfruttarla, perché non farlo? Con in mano questi dati eccezionali, potremmo essere tentati dal considerate l’energia eolica d’alta quota una tecnologia energetica quasi senza confini. Ma sarebbe un errore. La produzione dell’energia non è statica: procede congiuntamente all’economia e, se l’economia è alimentata da una fonte di energia economica ed abbondante, tende a crescere esponenzialmente. La crescita esponenziale è pericolosa ed ingannevole: potremmo sbattere la testa sul limite massimo della sfruttabilità dei venti d’alta quota molto prima di quanto ci si aspetterebbe. Ma esiste un problema ancor più serio: l’energia non è l’unico parametro da cui dipende l’economia. L’abbondanza di un bene non equivale all’abbondanza di tutti gli altri. Un’abbondanza di energia elettrica non si traduce necessariamente in un’abbondanza di alimenti, sebbene è certo che l’elettricità possa essere usata come sostitutivo dei carburanti fossili nei processi agricoli. Che il nostro problema non sia solo relativo all’energia è confermato dai modelli sviluppati per la serie “I limiti della crescita” (Meadows 2004). I modelli in questione possono essere impiegati con scenari che presuppongono alti (o addirittura infiniti) quantitativi di energia disponibile, ma il risultato è che un sistema economico collassa a causa dell’impatto generato da una combinazione di sovrappopolazione ed inquinamento sull’agricoltura e sull’ambiente. Per evitare il collasso, sarebbe necessario bloccare sia l’economia che la popolazione ad un livello stazionario. Ed, anche se ci riuscissimo, il consumo graduale dei minerali ci costringerebbe a produrre quantitativi energetici sempre maggiori per mantenere invariato il flusso attuale dei beni minerali (Diederen 2008, Bardi 2008). Quindi, anche con un livello abbondante di energia, avremmo bisogno di riciclare e riusare i beni prodotti. Detto questo, anche se il livello di energia è abbondante, è necessario considerare la limitatezza del sistema energetico del pianeta Terra. In ogni caso, l’energia eolica d’alta quota ci offre la speranza di un futuro di relativa abbondanza, e anche di prosperità, se saremo capaci di mantenere stabili l’economia e la popolazione ed evitare di sfruttare in maniera eccessiva le nostre risorse minerali e l’agricoltura. Riconoscimenti: l’autore ringrazia Massimo Ippolito per i suoi commenti e spunti per questo articolo. Nota: l’autore non è finanziariamente collegato alla Kitegen Research S.r.l, la società che sta sviluppando il sistema kitegen descritto nel presente articolo. Ha, tuttavia, un piccolo interesse finanziario in “Wind Operations Worldwide” (WOW), formata da un gruppo di piccoli investitori che intendono finanziare lo sviluppo dell’energia eolica ad alta quota, in particolare del sistema kitegen. References Archer, C. L., and Jacobson, M.Z., 2005, “Evaluation of global wind power”. Archer, C. L. and Caldeira, K, 2009, .”Global assessment of high altitude wind power”. Bardi, U, 2008, “The universal mining machine” . Big Gav, 2008, “Alternative Wind Power Experiments – SkySails and Airborne Wind Turbines” Diederen A., 2008 , “Minerals scarcity: A call for managed austerity and the elements of hope” Hall, C and Lambert, J. G., 2009 (accessed) “The balloon diagram and your future” Hurley, B. 2009, “How much wind energy is there?” “How much wind energy is there?” Meadows, D. Randers, J, and Meadows D., 2004 “The Limits to Growth, the 30 years update”, # ISBN 1-931498-58-X, Nalukowe, B. B., Liu J., Damien, W., Lukawski, T., 2006, “Life Cycle Assessment of a Wind Turbine” REN21, 2009, , “Renewables: global status report” WNA (World Nuclear Association) 2009, “World Nuclear News 2009.” Fonte: http://europe.theoildrum.com/node/5538. Traduzione a cura di Massimo Spiga per Megachip

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.