Lettera a una giornalista

di Jean Bricmont – «Le Grand Soir».
Traduzione a cura della redazione di Megachip.



Una
giornalista (di cui non citerò il nome né il giornale per cui lavora)
mi ha fatto una domanda a proposito del mio «sostegno ai dittatori» (in
particolare Assad), delle ingerenze negli affari interni di paesi come
la Siria che questo sostegno rappresenterebbe, dei miei collegamenti con
l’estrema destra così come con i siti “cospirazionisti” e della
“garanzia” razionalista e progressista che ad essi apporterei. Ecco la mia risposta.
Lei
solleva due questioni importanti: il mio “sostegno ai dittatori” e i
miei “collegamenti con l’estrema destra”. Queste domande sono
importanti, non perché siano pertinenti (non lo sono), ma perché sono al
centro della strategia di demonizzazione delle modeste forme di resistenza alla guerra e all’imperialismo
che esistono in Francia. È attraverso questo tipo di impasto che al mio
amico Michel Collon è stato proibito di parlare alla Borsa del Lavoro a
Parigi, dopo una campagna condotta da sedicenti anarchici.
In primo luogo, dal momento che si parla di razionalismo, pensiamo al più grande filosofo razionalista del XX secolo: Bertrand Russell.
E a cosa gli è toccato durante la Prima Guerra Mondiale, cui si era
opposto: è stato accusato di sostenere il Kaiser, evidentemente. Il trucco
di denunciare gli oppositori della guerra in veste di sostenitori della
parte a cui si fa la guerra è antica quanto la propaganda di guerra.
Negli ultimi decenni, io ho così “sostenuto” Milosevic, Saddam Hussein, i
taliban, Gheddafi, Assad e forse domani Ahmadinejad.
In realtà, io non sostengo nessun regime. Sostengo una politica di non ingerenza,
il che vale a dire che non solo respingo le guerre umanitarie, ma anche
le elezioni comprate, le rivoluzioni colorate, i colpi di Stato
organizzati dall’Occidente, ecc..
Propongo che l’Occidente faccia sua la politica del movimento dei Paesi non allineati,
che, nel 2003, poco prima dell’invasione dell’Iraq, aspirava a
«rafforzare la cooperazione internazionale volta a risolvere i problemi
internazionali di carattere umanitario nel pieno rispetto della Carta
delle Nazioni Unite» e ribadiva «il rifiuto da parte del movimento dei
non allineati del cosiddetto diritto di intervento umanitario che non ha
alcun fondamento nella Carta delle Nazioni Unite né nel diritto
internazionale.» Questa è la posizione coerente della maggioranza
dell’umanità, della Cina, della Russia, dell’India, dell’America Latina,
dell’Unione africana. Qualunque cosa ne pensiate, questa posizione non è
di estrema destra.
Siccome ho scritto un libro sull’argomento (Impérialisme humanitaire, Aden, Bruxelles, con prefazione di Noam Chomsky),
non vado a spiegare nel dettaglio le mie ragioni, mi limiterò a notare
semplicemente che se gli occidentali sono così capaci di risolvere i
problemi della Siria, perché non risolvono – tanto per cominciare –
quelli dell’Iraq, dell’Afghanistan o della Somalia? Vorrei anche far
notare che vi è un principio morale fondamentale che occorrerebbe
rispettare quando si sta interferendo negli affari interni di altri
paesi: subirne le conseguenze su sé stessi. Gli Occidentali, ovviamente,
pensano di fare il bene ovunque, ma i milioni di vittime
causate dalle guerre d’Indocina, dell’Africa Australe, dell’America
Centrale e del Medio Oriente, indubbiamente vedono le cose da un punto
di vista diverso.
Per
quanto riguarda i miei “collegamenti con l’estrema destra”, ci sono due
questioni distinte: cosa si intende per “collegamenti” e cosa significa
“estrema destra”? Non chiederei niente di meglio che manifestare con
tutta la sinistra contro la politica di ingerenza, come ritengo dovrebbe
fare. Ma la sinistra occidentale è stata completamente persuasa dalle argomentazioni in favore dell’ingerenza umanitaria
e, in effetti, critica molto spesso i governi occidentali perché non si
ingeriscono quanto le piacerebbe. Così, le poche volte che manifesto,
lo faccio con coloro che accettano di farlo, non tutti di estrema
destra, lungi da questo (a meno che, naturalmente, non si definisca come
di estrema destra il fatto di opporsi alle guerre umanitarie), ma che
non sono più di sinistra secondo il senso comune del termine, dal
momento che la maggior parte della sinistra sostiene la politica di
interferenza. Nella migliore delle ipotesi, una parte della sinistra si
rifugia nel “né-né”: né la NATO né il paese attaccato
in quel dato momento. Personalmente, ritengo che il nostro dovere sia
quello di lottare contro il militarismo e l’imperialismo del nostro
paese, non di criticare coloro che si difendono contro di essi, e che la
nostra posizione non sia neutrale né simmetrica, contrariamente a
quanto suggerisce lo slogan “né-né”.
Inoltre, sento di avere il diritto di incontrare e di parlare con chi voglio:
mi capita di parlare con persone che qualifichereste come di estrema
destra (anche se non sono, nella maggior parte dei casi, d’accordo con
questa caratterizzazione), ma più spesso con persone di estrema
sinistra, e più spesso ancora con persone che non sono né l’una né
l’altra cosa. Mi interesso ai siriani che si sono opposti alla politica
di ingerenza, perché mi possono fornire tutte le informazioni sul loro
paese che vanno contro il discorso dominante, mentre conosco certamente,
attraverso i media, il discorso dei siriani favorevoli all’ingerenza.
Per
quanto concerne i siti, parlo ovunque posso: ancora una volta, se la
NPA, il Fronte di Sinistra o il PCF desiderano ascoltarmi o anche
discutere con me in modo contraddittorio sulla politica d’ingerenza,
sono pronto a farlo. Ma non succede. Faccio notare che i siti
“cospirazionisti” come lei dice, sono molto più aperti perché sanno che
in generale io non sono d’accordo con le loro analisi, in particolare
sull’11 settembre, e mi accettano lo stesso. Inoltre, le persone che
conosco e che pubblicano su questi siti non sono in alcun modo di
estrema destra e il solo fatto di essere scettici sulla versione
ufficiale dell’11 settembre non ha nulla, di per sé, di estrema destra .
Il
mondo è troppo complicato per mantenere un atteggiamento “puro”, dove
non si incontra né si parla se non con le persone della “nostra parte”
.
Non dimentichiamo che in Francia fu la Camera eletta al tempo del
Fronte Popolare a votare i pieni poteri a Pétain (dopo l’esclusione dei
deputati comunisti, e con l’aiuto dei senatori). E l’opposizione alla
collaborazione metteva insieme gli stalinisti (all’epoca i comunisti lo
erano davvero) e i gollisti, molti dei quali, prima della guerra, erano
stati assai a destra. La stessa cosa accadde durante la guerra d’Algeria
o del Vietnam, quando l’opposizione ai conflitti radunava, tra gli
altri, comunisti, trotzkisti, maoisti, cristiani a sinistra, pacifisti: a
proposito, forse Stalin, il FLN algerino e Ho Chi Minh
erano democratici? Era sbagliato “sostenerli”, ossia opporsi assieme a
loro al nazismo o al colonialismo? E nelle campagne anticomuniste degli
anni ’80, la sinistra dei diritti dell’uomo non faceva forse causa
comune con tutta una serie di nazionalisti estremi o di antisemiti (Solženicyn,
per esempio)? E oggi, i sostenitori dell’ingerenza in Libia e in Siria
non fanno forse causa comune con il Qatar, l’Arabia Saudita e una serie
di movimenti salafiti?
Poi
ho un problema con la definizione “di estrema destra”. So bene cosa lei
vuol intendere nell’usarla, ma per me ciò che conta sono le idee, non
le etichette.
Aggredire
paesi che non vi minacciano (cioè la sostanza del diritto di ingerenza)
per me è un’idea di estrema destra. Punire le persone a causa delle
loro opinioni (come fa la legge Gayssot), per me è un’idea di estrema destra.
Sottrarre
a certi Paesi la loro sovranità e con ciò il fondamento della
democrazia, come fa sempre di più la “costruzione europea”, per me è
un’idea di estrema destra.
Dire
che «Israele viene tanto criticato perché è una grande democrazia»,
come se non ci fosse altro motivo per criticare Israele, per citare
colui per il quale quasi tutta la sinistra voterà al ballottaggio
(François Hollande), per me è un’idea di estrema destra. Opporre in un
modo semplicistico l’Occidente al resto del mondo, in particolare alla
Russia e alla Cina (come oggi fa gran parte della sinistra in nome della
democrazia e dei diritti umani), per me è un’idea di estrema destra.
Se volete trovare un posto dove sarei senza esitazioni d’accordo con la “sinistra”, viaggiate un po’, e andate in America Latina.
Là vedreste una sinistra che è anti-imperialista, popolare, in favore
della sovranità e democratica: dirigenti come Chávez, Kirchner e Ortega
sono eletti e rieletti con percentuali qui impensabili, anche per la
“sinistra democratica”, e si trovano ad affrontare un’opposizione
mediatica di gran lunga più insidiosa di un semplice Faurisson (questa
opposizione giunge a sostenere colpi di stato), ma non prenderebbe mai
in considerazione di proibirla.
Purtroppo, in Europa, e soprattutto in Francia, la sinistra ha capitolato su molte cose:
la pace, il diritto internazionale, la sovranità, la libertà di
espressione, il popolo, nonché il controllo sociale dell’economia.
Questa
sinistra ha sostituito la politica con la morale: decide, nel mondo
intero, chi sia democratico e chi no, chi sia di estrema destra e chi
sia una persona frequentabile o meno. Passa il suo tempo a gonfiare il
petto nel “denunciare” i dittatori, i loro complici, le frasi
politicamente scorrette, o gli antisemiti, ma non ha in realtà alcuna
proposta concreta da fare che venga incontro alle preoccupazioni della
gente che pretende di rappresentare.
Questi
molteplici abbandoni di cause progressiste in realtà aprono una larga
strada a una certa estrema destra, ma la colpa ricade su coloro che
hanno compiuto e accettato questi cambiamenti, non su coloro che cercano
modestamente di resistere all’ordine del mondo.

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