Undici settembre, ha senso parlarne ancora?

di Riccardo Pizzirani.

da luogocomune.net.


Si avvicina il quindicesimo anniversario degli attacchi dell’undici settembre, ed il prevedibile picco d’interesse scatenerà la più banale e genuina delle domande: ha ancora senso continuare a parlare oggi di quei fatti?

Vediamo allora di colmare alcune delle lacune che i nostri media hanno lasciato, così da poter dare un efficace risposta a tale domanda.
A seguito degli attacchi dell’undici settembre il presidente Bush ha equiparato l’associazione terroristica Al Qaeda con una nazione nemica; questo ha permesso agli Stati Uniti di invocare l’articolo V del trattato della NATO (1), che afferma sostanzialmente che un attacco militare contro un membro della NATO è un attacco contro tutti, coinvolgendo gli alleati nelle azioni susseguenti.

 

Avendo ratificato quel trattato ed avendo accettato l’interpretazione statunitense e quella del Consiglio di Sicurezza ONU, la Repubblica Italiana è di fatto in stato di guerra contro Al Qaeda dall’undici settembre 2001.

 

La principale azione a cui abbiamo partecipato con la NATO è l’invasione, e la susseguente occupazione militare, della nazione dell’Afghanistan. Un paese piuttosto povero, martoriato dalle diverse occupazioni militari che ha subito nella sua storia recente, ultima delle quali da parte dell’Unione Sovietica, nazione che ha saputo allontanare proprio con l’aiuto delle milizie mujaheddin di quell’Osama Bin Laden che nel 2001 gli Stati Uniti d’America indicheranno come mandante degli attacchi che hanno subito.
Ma c’è anche una piccola ed importante digressione: nell’anno 2000, già liberi dall’occupazione russa, in Afghanistan sono saliti al potere i Talebani, che essendo dei fondamentalisti islamici compiranno tante azioni negative come distruggere statue e rappresentazioni di cultura millenaria afgana; tuttavia il gruppo si adopera anche per un’azione altrettanto positiva: distruggere le immense coltivazioni di oppio di cui la nazione è letteralmente ricoperta, in quanto l’uso di stupefacenti è contrario alla dottrina islamica.
L’oppio è l’ingrediente principale nella realizzazione dell’eroina, e come sappiamo la droga è in assoluto la merce a maggior rapporto di guadagno tra i costi di produzione e costi del prodotto finale: ai prezzi del 2002 stiamo parlando di 300$ spesi dal coltivatore per un kilogrammo di prodotto, che si traducono in 800$ come prezzo di vendita in Afghanistan, e che salgono fino a 16000$ nelle strade occidentali, ancor prima della conversione in eroina. (2)
Per capire appieno l’impatto delle azioni dei Talebani occorre anche ricordare che l’Afghanistan nel 2000 produceva tre quarti dell’intera produzione mondiale di oppio. (3)
Nel 2001, attraverso minacce, intimidazioni, e azioni dirette, i Talebani avevano ridotto la produzione di oppio in Afghanistan del 99%!
Quello che segue è un grafico tratto dallo studio sull’estensione in ettari dei campi dedicati alla produzione di oppio in Afghanistan, compiuto dall’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime – Ufficio droga e crimine delle Nazioni Unite) (4)

 

Poi nel 2002 la nazione è stata invasa dalla NATO, i talebani sono stati sostanzialmente sbaragliati, così come Al Qaeda, mentre si installava un nuovo governo delle tribu afgane ed è iniziata l’era dell’occupazione, che da noi si chiama “collaborazione”. E tutto è ripreso come e meglio di prima.
Vediamo allora il grafico completo, da cui è stato tratto il precedente:

 

La produzione di oppio è ripresa alla grande, e oggi, dopo 15 anni di presenza degli eserciti della NATO e con la piena collaborazione del compiacente governo locale, l’Afghanistan produce oltre il 90% dell’intera produzione mondiale di oppio.

 

I media Statunitensi, così attenti al rischio del terrorismo che proviene dall’Afghanistan, sono stati altrettanto disattenti riguardo gli altri rischi provenienti da quel paese, salvo poi stupirsi a cose fatte che l’utilizzo di eroina è tornato in auge negli Stati Uniti con quella che ora chiamano una “nuova epidemia di Eroina”: i dati ufficiali del CDC e della US Food and Drug Administration riportano un incremento del 90% nei casi di abuso o dipendenza dall’eroina nell’ultimo decennio. Le morti per overdose da eroina e oppiacei si sono quadruplicate tra il 2002 e il 2013, facendo (ad esempio) 8257 morti nel solo 2013.(5)
Questo mostra anche quanto fosse il reale interesse nel punire chi ha causato 4000 morti civili del 2001, quando la droga che riesce ad uscire dalla stessa nazione oggi ne causa più di 8000 all’anno.
Bene: i nostri soldati italiani sono lì, ora, in questo momento. E i fatti non cambiano semplicemente ignorandoli, negando lo stato di guerra, oppure chiamando un’occupazione militare “missione di pace”.
Ecco uno dei motivi per cui ha ancora senso oggi parlare di undici settembre.
Pure se uno dovesse credere a tutto il resto.
Riccardo Pizzirani (Sertes)


Fonti:

“Le Parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o nell’America settentrionale, costituirà un attacco verso tutte, e di conseguenza convengono che se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa individuale o collettiva riconosciuto dall’art.51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate, intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’impiego della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale. Qualsiasi attacco armato siffatto, e tutte le misure prese in conseguenza di esso, verrà immediatamente segnalato al Consiglio di Sicurezza. Tali misure dovranno essere sospese non appena il Consiglio di Sicurezza avrà adottato le disposizioni necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali”

Tratto da: http://www.luogocomune.net/LC/index.php/24-11-settembre/4424-undici-settembre-ha-senso-parlarne-ancora

 

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