Monti, siamo pronti

di Pino Cabras – da Megachip.

Il vero potere ha gettato la maschera e le ultime vestigia della semi-sovranità italiana sono state demolite, nell’annus horribilis della nostra Repubblica, dopo che anche la guerra di Libia aveva svelato la disfatta di ogni autonomia nazionale.
Nessuna urgenza economica al mondo può giustificare un peggioramento
così repentino degli interessi del debito – oltre la soglia del non
ritorno, oltre le convenzioni del default tecnico – come quello del 9
novembre 2011.
Solo
un concorso di volontà decise a imprimere una svolta rivoluzionaria
poteva scatenare un attacco di questa portata, micidiale quanto un colpo
di stato.
A
suggello di un giorno trionfale per la sovversione dall’alto decisa a
livello di classi dominanti globali, il Presidente della Repubblica ha
nominato senatore a vita Mario Monti, il tecnocrate
italiano più organico all’élite planetaria, un vero cardinale del
pensiero unico economico, uno dei padri nobili del feroce disastro
sociale di questi anni, il babbo insensibile di tutti i precari, il
fratello coltello di tutti i pensionati. L’uomo di Rockefeller e della
Goldman Sachs, della Commissione Trilaterale e del Gruppo Bilderberg.
Queste sue affiliazioni sono fuori dai radar dei grandi media, persino ora che viene visto come Presidente del Consiglio in pectore,
eppure sono il tratto vero del personaggio, in tutta la sua caratura
internazionale. Il centrosinistra italiano ovviamente non ne parlerà,
perché sulle questioni internazionali non decide, si fa decidere.
Politica estera e politica monetaria, per loro, sono una sorta di entità
data, che si riceve e non si discute. Fra i 100 punti del “Wiki-PD” di
Matteo Renzi, per esempio, solo due o tre parlano di questioni
internazionali, e solo vaghissimamente, mentre nessuno parla di moneta.
Renzi è in buona compagnia. Tutte le classi dirigenti italiane sono
inserite in un gioco di potere sub-dominante nel quale accettano un
ruolo declinante dell’Italia: decidano altri. Il nucleo cesaristico
della sovranità ha il baricentro in altre capitali, e lo avrà sempre di
più: aiuterà a spolpare meglio e in pochi anni ricchezze costruite in generazioni.
Il
Caimandrillo fu una volta definito dal suo medico “tecnicamente
immortale”. Possiamo dire, politicamente, che è “tecnicamente morto”.
Morendo politicamente lui, muore la cosiddetta Seconda Repubblica. La
Terza Repubblica è già qui, e vuole scongelare tutto quello che è stato
assurdamente paralizzato dalla lunghissima gelata berlusconiana. Monti
sarà sostenuto da una squadra di curatori fallimentari del Sistema
Italia che passeranno la ruspa sul tenore di vita di milioni di persone.
Italia avrà il volto di Equitalia.
Così
come nessuno, pur sapendosi mortale, crede fino in fondo e “davvero”
alla propria inevitabile dipartita, allo stesso modo milioni di
italiani, pur presi da certi inequivocabili presagi, non pensano che
accadrà “davvero” anche da noi un’altra Grecia, così come fra chi
sorseggiava un caffè turco nei locali di Sarajevo, nell’aprile 1992,
nessuno accettava che i suoni di cannone che si udivano nelle vicinanze
potessero “davvero” portare alla guerra, che invece puntualmente arrivò.
Non sono solo metafore. Sto parlando, per ognuno dei casi citati, della sottovalutazione esiziale degli effetti indotti da un crollo di sovranità,
che si accentua in presenza di classi dirigenti inette e asservite a
interessi lontani. Nessuna illusione su Giorgio Napolitano (anche se
tanti agnelli sacrificali ne coltivano ancora). Niente illusioni su
Mario Monti (anche se vorranno vendercele). Esattamente due anni fa in un articolo
che – a rileggerlo – suona ancora tremendamente attuale, cercai di
avvertire che la fine del Caimandrillo avrebbe palesato dolorosamente
l’inservibilità di un’intera classe dirigente, tanto più davanti a una
crisi economica sistemica come quella che si annunciava.
Dobbiamo
costruire una classe dirigente alternativa. Dapprima in forma di un
fronte sociale che difenda accanitamente ogni bene dalla rapina della
tecnofinanza e rimetta in discussione l’attuale debito. Poi in forma di
progetto politico consapevole di vivere in tempi rivoluzionari e inteso a
conquistare sovranità in capo al popolo italiano. Siamo pronti o siamo
Monti? Siamo pronti o siamo tonti? Stiamo pronti, o siamo morti. Stiamo
pronti, che siamo molti.
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