Gli inesperti assi dell’aria dell’11/9. La sicurezza nucleare civile non li teme


fonte dell’immagine: SPFPA (con adattamenti)

di Pino Cabras

Un Boeing 767 scagliato su una centrale nucleare può trasformare un nuovo 11 settembre in una nuova Černobyl? Gli esperti dicono di no.
Le centrali sono meglio mimetizzate rispetto a ingombranti e vistosi edifici come le Torri Gemelle o il Pentagono, e troppo solide per poter subire i danni più temuti. Ma anche ammettendo che un qualche asso dell’aria riesca a indirizzare verso coordinate precise il proprio volo suicida, l’azione terroristica non avrebbe successo.
Se pensiamo ai fatti dell’11 settembre 2001, queste valutazioni assumono un interesse particolare, che ci riserverà qualche grossa sorpresa.

L’interesse è nato innanzitutto in seno alla Nuclear Regulatory Commission (NRC), l’agenzia per la sicurezza nucleare statunitense, trovatasi negli ultimi anni sotto pressione da due direzioni: la spinta a costruire nuovi reattori nucleari per via della crisi energetica, le sollecitazioni per nuovi canoni di sicurezza antiterroristica.
Il problema posto era trovare standard più elevati rispetto alle centrali nucleari esistenti. La soluzione, sorprendente, è quella di non prevedere requisiti più rigidi. Vanno ancora bene i criteri delle centrali progettate prima degli attentati aerei del 2001 o perfino prima che venissero sviluppati aerei così grandi.

Gli aerei non sono nemmeno nella lista delle armi cui i reattori sono tenuti a sopravvivere indenni. Uno dei cinque commissari della NRC, Gregory Jaczko, ha insistito con i colleghi affinché cambiassero i criteri di progettazione per rendere le centrali nucleari meno vulnerabili. Ma gli altri quattro commissari non ne erano affatto convinti. Non c’era bisogno di cambiare quasi nulla.

Nel 2002 la lobby statunitense delle centrali nucleari aveva commissionato una ricerca in merito a un istituto indipendente, l’EPRI (Electric Power Research Institute).

Lo studio dell’EPRI sull’integrità di edifici colpiti da aeroplani fece uso di modellizzazioni al computer e simulazioni secondo velocità e angolazioni disparate. Come aereo fu scelto il più grande, il Boeing 767. Come punti d’impatto furono scelti proprio quelli in cui l’aereo avrebbe inflitto il danno più grave. Le velocità furono tarate in una misura compatibile con un’effettiva controllabilità del volo.

Il documento degli esperti rassicurò tutti: le strutture critiche di una centrale nucleare non sarebbero state penetrate dall’impatto dell’aereo. E ciò in ragione delle particolarità materiali di questo tipo di centrali. Ma soprattutto lo studio faceva notare che gli edifici e le strutture di una centrale nucleare sono così bassi rispetto al suolo, che soltanto piloti davvero esperti potrebbero affrontare le «difficoltà estreme» di una manovra a elevata velocità, comunque non superiore ai 560 km/h.

«Un pilota con meno esperienza avrebbe grandi difficoltà a controllare l’aeroplano», secondo l’EPRI.
Per quanto un edificio di contenimento di una centrale sia meno largo di una delle torri gemelle, e certo molto meno largo del Pentagono, è comunque alto il doppio di quest’ultimo. Considerando che l’angolo d’impatto del velivolo che si abbatté sulla facciata del Pentagono è molto più difficile di quelli ipotizzati nello studio dell’EPRI, possiamo trarre una conclusione: la manovra attribuita ad Hani Hanjour – il pilota inesperto che conduceva per la prima volta un grosso aereo e cui si è imputato il colpo del Pentagono – non viene sì smentita. Ma tuttavia è ritenuto sufficientemente improbabile che qualcosa di simile possa mai avvenire a danno di una centrale nucleare.

Proprio i custodi della sicurezza nucleare civile dormono insomma sonni tranquilli: un racconto come quello della versione ufficiale dell’11 settembre è un unicum irripetibile. Piloti inesperti – e quelli dell’11 settembre lo erano – non saprebbero controllare un aereo al punto di portarlo a bersaglio a bassa quota mentre sarebbero sopraffatti dalle leggi della fisica.

Gli stessi rapporti dell’FBI ci ricordano che Hani Hanjour, secondo i suoi istruttori, ancora nel 2001 era una schiappa totale nel controllare piccoli aerei a elica o nel farli atterrare a 135 km/h, come fanno notare gli esperti piloti dell’associazione “Pilots for 9/11 truth”.

La versione ufficiale, una volta di più, non regge.

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