Haiti e le Generosità Fallaci

di Pino Cabras – da Megachip.
Aggiornato il 18 gennaio 2009
Ci scrive un lettore, Sergio, che ci chiede di commentare il fatto che gli USA sono sempre i primi a mandare aiuti umanitari, anche stavolta ad Haiti, e ci chiede anche di commentare la sua affermazione secondo cui i paesi islamici avrebbero il braccino corto e non si impegnerebbero mai ad aiutare altri paesi. Proveremo a spiegargli che il suo problema non siamo noi, ma i libri di Oriana Fallaci nel suo comodino. Seguiteci. Leggiamo un po’ cosa ci scrive esattamente il lettore: Salve, visto che spesso e volentieri vi scagliate contro gli Stati Uniti, i paesi occidentali ed il presunto tentativo ricorrente di instaurare un nuovo ordine mondiale, mi piacerebbe sentire un vostro commento sul fatto che sono sempre i primi nel mandare aiuti umanitari, come sta avvenendo per Haiti. Mi piacerebbe anche un vostro commento sul fatto che, a mia memoria, non mi risulta che nessun paese mussulmano si sia mai impegnato per lo stesso scopo ed abbia mai speso un centesimo in aiuti umanitari nel mondo. Grazie, Sergio. Bene, Sergio. Il suo esordio dimostra che lei ci legge con un pesante pregiudizio di fondo, di quelli che – quando uno ne è affetto – non fanno capire una mazza di ciò che si legge. Innanzitutto, noi non ci scagliamo contro gli Stati Uniti. Né ci scagliamo contro i paesi occidentali. Altrimenti sarebbe come dire che ci scagliamo contro noi stessi. Ospitiamo infatti articoli e interventi in stragrande maggioranza di autori occidentali, molto spesso statunitensi. Cos’è la critica che facciamo al sistema della comunicazione e alle classi dirigenti di cui esso è espressione? È critica al potere, ossia giornalismo, non propaganda, né fumo ideologico. Critichiamo le sedi in cui c’è più potere, e che hanno perciò più diretta responsabilità per quanto accade nel mondo. La classe dirigente che ha una vocazione imperiale globale è un’élite transnazionale che tende a distinguersi dalle «nazioni» e non calca l’appartenenza a una comunità nazionale. Tuttavia teorizza la ‘Leadership Americana’. Un inquilino della Casa Bianca rispetto a un altro può rimarcare di più o di meno la voglia di essere l’unico polo del mondo, ma il cumulo di potere più grande sta comunque lì, negli States. Inevitabile che molta opposizione s’indirizzi di conseguenza verso quella direzione, anche da dentro il perimetro occidentale, dove ci troviamo. L’ex Segretario di Stato statunitense Madeleine Albright ha coniato una definizione del ruolo del suo paese che considero calzante: «noi siamo la nazione indispensabile». Occorrono gli USA per risolvere i principali problemi del mondo. Non si può porre rimedio neanche agli errori degli Stati Uniti senza gli Stati Uniti. Cosa succede se gli Stati Uniti non sanno fare questa riparazione? È una domanda fondamentale, oggi più che mai. La preoccupazione che dovrebbe interrogare ognuno degli abitanti del pianeta parla di questo. Il baratro finanziario, militare, ambientale e morale di cui gli USA sono l’epicentro rischia di travolgere tutti, a causa dei limiti terribili di quella classe dirigente così potente. La fine di un impero non è mai indolore. Oggi è in gioco la sopravvivenza di ognuno di noi, perciò c’è da essere molto inquieti. Un loro fallimento trascinerebbe tutti. Ma anche far sopravvivere l’Impero con la guerra sarebbe una via senza uscita.
Io non so se lei ha sul comodino i libri diella quondam Oriana Fallaci, se li ha letti, o se ha semplicemente respirato questa pesante atmosfera di razzismo da “scontro di civiltà” che ha avvelenato i media nell’ultimo decennio. Di certo lei è un conformista, le sta bene questa grande “idea ricevuta”, questa invenzione ideologica, la “falsa coscienza” di un’identità occidentale giudaico-cristiana spontaneamente votata a opporsi all’Islam nel suo insieme. E quindi non sa e non vuole distinguere le sfumature necessarie della politica. Ergo, lei si beve ogni fesseria dei media legati al potere, la loro cronaca che cancella la storia, fino a pronunciare un autentico sproposito quando dice che addirittura le «risulta» che i paesi islamici non abbiano «mai speso un centesimo in aiuti umanitari nel mondo». Lei lo sa che l’Arabia Saudita è fra i maggiori donatori per gli aiuti allo sviluppo, sia in termini di volume degli aiuti sia in proporzione al proprio PIL? In valori assoluti è stata per anni addirittura al secondo posto rispetto alla prima potenza mondiale. Non abbiamo nessuna simpatia per la monarchia saudita, ma – rispetto alle percentuali micragnose che l’Italia investe nella cooperazione con i paesi poveri – un italiano come lei dovrebbe riflettere un po’ prima di spararle così grosse. I paesi OCSE dedicano in media lo 0,4% del loro PIL alla cooperazione. Arabia Saudita, Emirati Arabi e Qatar il 5% (cinque per cento!) del PIL. Gli USA lo 0,25%. Allora Sergio, chi è accecato dall’ideologia? Si può obiettare che i sauditi utilizzino gli aiuti per scopi politici, e che li indirizzino per egemonizzare la Umma musulmana. Vero. Ma anche gli aiuti esteri statunitensi seguono vie politiche: il paese di gran lunga più aiutato ogni anno con assegni da miliardi di dollari è Israele, non proprio il più bisognoso. Ma veniamo ad Haiti. Per rimediare alla sua madornale ingenuità sulle vicende di Haiti le potrei proporre un articolo fresco di pubblicazione, scritto da Miguel Martinez, un italiano che conosce bene la situazione del Centroamerica, e non solo perché è di madre statunitense e padre messicano. Lo legga attentamente, e potrà inquadrare la solerzia degli aiuti di emergenza di oggi nell’ambito della storia di quel paese. Scoprirà che Haiti è così povera proprio perché gli USA le hanno imposto un’economia coloniale che ha azzerato tutti i precedenti rapporti sociali. E questa imposizione è avvenuta sia con l’occupazione militare del paese per decenni, sia per il tramite di una dinastia di dittatori fra i più sanguinari dell’emisfero, i Duvalier. È da un secolo che quella è la periferia più sfigata dell’Impero, sotto la diretta responsabilità dell’Impero stesso. La Cronaca cancella la Storia? E’ antiamericanismo tutto questo? Anche quando lo leggiamo da Martinez, o dallo statunitense Chomsky, o sulle pagine di «The Nation» nelle inchieste di Naomi Klein? Vediamo migliaia di Marines che prendono possesso di Haiti Ground Zero. Ci auguriamo che riescano a dare sollievo alla popolazione colpita dal terremoto, ci mancherebbe. Ho l’impressione però che nessun intervento umanitario potrà bastare per chi, come lei, fa ragionamenti così Fallaci.
Replica del 17 gennaio 2009: Sig. Cabras,
Sono Sergio, il lettore messo alla gogna da lei e i suoi adepti, che hanno messo su facebook la sua risposta alla mia domanda. Innanzitutto non mi è piaciuto il tono tipo presa per i fondelli che ha usato nei miei confronti.

Detto ciò vorrei chiarire alcune cose:
-Innanzitutto non sono un fan della Fallaci, che ritengo esagerata nella critica all’Islam, anche se condivido alcune cose che scrive.
Ondepercui si risparmi le battutine sui libri nel comodino. Anzi le consiglio vivamente la lettura di “Censura” di Shahriar Mandanipour, scrittore iraniano, questo è quello che c’è sul mio comodino.

-Probabilmente ha ragione quando parla di pregiudizio nei confronti del suo sito. In effetti mi è bastato leggere qualche link sui fatti dell’11 Settembre per formarmi un giudizio affrettato. Ovviamente io non credo ad una sola parola di ciò che c’è scritto a proposito per un semplice fatto: agli Stati Uniti sarebbe bastato molto, ma molto meno per avere una scusa per attaccare l’Iraq e successivamente l’Afghanistan. E poi quando vi accusavo di essere anti USA ovviamente mi riferivo ai loro governi e non certo ai cittadini statunitensi. Infatti dalla sua risposta mi conferma quello.
– Si, ok probabilmente ci potrebbero essere degli interessi di mezzo, anche se Haiti è un paese talmente povero che non vedo cosa possano spremere gli Stati Uniti. Fattostà che comunque la si veda e la si rigiri sono sempre i primi in termini di aiuti in soldi, medicine, medici attrezzature ospedaliere, acqua, cibo etc. E ripeto che riguardo a questo tipo di aiuti (e non di aiuti allo sviluppo) gradirei essere smentito quando parlo di assenza degli Stati Islamici. Mi piacerebbe che lei mi mandasse dei link, dei video dei documenti che provino il contrario (non mi interessano articoli e commenti vari, voglio fatti tangibili)
– Riguardo la critica feroce all’Islam non posso che confermarla proprio per il fatto che una RELIGIONE non può essere repressiva, violenta contro l’individuo, ancora di più verso la donna. per non parlare delle aspettative dopo la morte con i soli uomini che godranno delle attenzioni di migliaia di vergini (cosa veramente vergognosa ed allucinante). Le faccio presente che sono ateo, quindi mi risparmi i suoi accostamenti verso il cristianesimo ed il giudaismo che non mi appartengono. Anzi ritengo la filosofia religiosa buddhista l’unica che possa rispecchiare il mio pensiero.
Detto ciò le consiglio di essere meno prevenuto verso chi non la pensa come lei ed anche meno supponente.
Saluti

Sig. Sergio,
la mia risposta a quella sua lettera così apodittica non era una gogna, sebbene abbia usato indubbiamente toni molto duri e qualche ironia, non rivolta a lei personalmente, che non conosco, quanto a un diffuso modo di ragionare, appartenente anche a persone informate e laiche. Mi riferisco a un modo di leggere i fenomeni mondiali secondo il luttuoso e fuorviante schema del Clash of Civilizations.
Può sembrarle supponenza la mia, ma trovo che sia invece supponente la pretesa di distillare il senso di milletrecento anni di storia musulmana e l’essenza dell’Islam dalla lettura di un romanzo bestseller, come fa lei. Le risparmio «le battutine sui libri nel comodino», d’accordo, ma lasci che le risparmi anche le ipocrisie e glielo possa dire come semplice constatazione: lei ignora cosa sia l’Islam. Totalmente. La sua idea di paradiso musulmano è completamente fuori dal mondo, è teologia da bancarella. Come è sbagliata la visione della religione islamica come repressiva e violenta contro l’individuo.
Nella nostra cultura, nell’immaginario occidentale, è rimasta l’idea quasi inestirpabile che la sottomissione islamica a Dio debba intendersi come una sottomissione cieca, una sorta di fatalismo integralmente passivo in rapporto alla volontà divina. Questo non è un tratto caratteristico della civiltà musulmana: un mondo variegato, multietnico, ricco di confessioni e dottrine di diverso orientamento. Ammesso che abbia prevalso un’ortodossia islamica, è stata proprio quella che ha voluto ritrovare al massimo grado la responsabilità individuale dell’uomo, la sua collocazione in mezzo al mondo, la sua scelta assoluta e libera nelle cose del mondo. Esattamente il contrario di quello che pensa lei e che raccontano i nostri media.
Ecco, i media. Quanti sono i corrispondenti dal mondo islamico nei media italiani? Da chi ci facciamo raccontare quel mondo? In mancanza di uno sguardo attento, partecipe, aggiornato, sopravvivono i pregiudizi millenari. Non gliene faccio una colpa, sia chiaro, non ce l’ho mica con lei. Io ce l’ho con la Rai che non racconta il Medio Oriente. Ce l’ho con i quotidiani che ci ammorbano di gossip e non hanno un corrispondente al Cairo, un inviato a Teheran o a Islamabad.
A un cittadino che non abbia interessi diretti legati a quel mondo, e che non abbia la tigna di volersi informare sfidando correnti contrarie fortissime, rimangono percezioni quasi totalmente falsificate.
Fino a questa sua testardissima convinzione, spinta fino alle corde del razzismo, convinzione che ora conferma nella sua seconda lettera, secondo cui L’Islam sarebbe incapace di esprimere “pietas”. Le piacerebbe che la smentissi, dati alla mano. L’accontento con due esempi.
Uno “tangibile”, come dice lei. Qual è l’evento più recente paragonabile per portata al terremoto di Haiti? Lo Tsunami del 26 dicembre 2004, no? Si legga la lista delle donazioni compilata dall’Onu: http://ocha.unog.ch/fts/reports/daily/ocha_R10_E14794_asof___1001171854.pdf. Come vede, ci sono numerosi paesi ed enti islamici che hanno raccolto e stanziato somme molto ingenti, secondo il loro peso economico sulla scena internazionale.
L’altra smentita è più antica. È nel Corano, in un versetto molto aulico: «La pietà non consiste nel fatto che voi volgiate la faccia verso Oriente o verso Occidente. La pietà è di chi crede in Dio e nel giorno finale e negli angeli e nel Libro e nei profeti e di chi dà le ricchezze per amor di Dio al parente, agli orfani, ai poveri, ai viandanti, ai mendicanti, per riscattare gli schiavi, è di chi compie la preghiera e di chi paga la decima e di chi rispetta una promessa, una volta che l’ha fatta, e di coloro che sono pazienti nel dolore e nella sofferenza e nel giorno delle avversità. Questi sono i sinceri, questi sono i pii». Certo, i taliban non rientrano in questa descrizione. Né vi rientrano certi emiri dissoluti del Golfo. Come farebbero fatica a rientrare nello schema del buon cristiano i cattolicissimi capi di Cosa Nostra o l’Emiro di Arcore. Tutto il mondo è paese, nelle incoerenze criminali e politiche.

Di fronte a posizioni come la sua mi chiedo cosa renda così minaccioso l’Islam. Io credo che sia il fatto che l’Islam sa individuare i punti di crisi della nostra identità. A partire dalla memoria di noi stessi.

Per cinque secoli la centralità culturale dell’Europa si è basata su di una manipolazione trionfalistica della memoria, secondo cui la civiltà forgiatasi nel Rinascimento discendeva direttamente da Atene, da Roma e dal cristianesimo, il quale aveva preservato e unificato il lascito delle due antiche capitali classiche dello spirito. La verità è ben altra. La verità è che, se non ci fosse stata la mediazione dell’Islam, il rapporto vitale con la civiltà ellenica non sarebbe avvenuto, né avrebbe avuto luogo la “svolta scientifica” che ha fatto grande l’Occidente. Il merito dell’Islam è nelle grandi mediazioni tra continenti culturali separati tra loro: l’India, la Persia, la Grecia, l’Egitto, fino a lambire la Cina . Per circa mille anni l’Islam ha svolto per il pianeta il ruolo che in quest’ultimo mezzo millennio è spettato alla cultura dell’Occidente. E oggi l’Islam si trova a fare da spartiacque, da difficilissima cerniera tra il nord e il sud del pianeta: «nel versante che dà sull’Europa esso vive, in una drammatica alternanza di assimilazioni e di rigetti, il confronto con la civiltà tecnologica; nel versante che dà verso l’Equatore, esso assorbe le religioni tribali in disfacimento e probabilmente offre ai “dannati della terra” una prospettiva di emancipazione politica» (Ernesto Balducci, L’Uomo Planetario).

Quel che mi sforzo di fare – e che tutti qui vogliamo fare nel guardare alle informazioni – è di scomporre gli schemi di chi vuole alimentare le guerre presenti e future con identità culturali irriducibili e blindate. Lei afferma che «agli Stati Uniti sarebbe bastato molto, ma molto meno per avere una scusa per attaccare l’Iraq e successivamente l’Afghanistan», senza appoggiarsi all’11 settembre. Però l’hanno fatto: l’11/9 viene proprio richiamato di continuo. Nessuna guerra oggi sarebbe affrontabile solo “tecnicamente”. Ogni guerra è anche una “guerra della percezione” che deve dominare la psicologia di massa con le rappresentazioni più funzionali allo scopo bellico, profondamente manipolate.

2 Commenti

  1. Anonimo 18/01/2010 at 18:13

    Dispiace sempre molto sentire certe posizioni così estreme (da ambo le parti)… seguo il signor Cabras con razionale dedizione e condivido molte delle sue posizioni (non tutte seppur non così ovviamente come si può pensare)…
    Comunque intervengo solo per segnalare una notizia che potrebbe mettere la parola fine a questa insensata diatriba.

    http://it.peacereporter.net/articolo/19812/Haiti.+Sangue,+soldi+e+coperte+dalla+Striscia+di+Gaza

    Con incondizionato rispetto per tutte le posizioni
    Stefano D.

    Rispondi
  2. Pino Cabras 18/01/2010 at 20:13

    Caro Stefano,
    grazie di cuore dell'ottima segnalazione.
    A mia difesa rispetto alla sua cortese critica vorrei dire che non considero politicamente estrema la mia posizione sulla questione Islam. Può essere stato acceso qualche mio tono, ed è cosa che mi accade di rado, mi creda. La forma, in certe dispute, oscura la sostanza, lo so, e me ne scuso con lei e con chi mi ha fatto l'onore di leggermi.
    Ma in determinati casi – guardando alla sostanza – non è questione di diatriba.
    Un nonsense è un nonsense, non si riequilibra con la par condicio. Quando sento totali nonsense sull'Islam non posso assumere una posizione salomonica, cercando un improbabile punto mediano. Il risultato sarebbe comunque tendenzioso, e quindi falsato. Al tema sono particolarmente sensibile, perché è uno dei punti più critici nel riconoscimento dell'Altro da sé: l'ignoranza diffusa su questa materia spiana il terreno a gravi sofferenze sociali (penso al rapporto disastroso con i migranti) o, peggio ancora, al consenso in favore della guerra.
    C'è chi lo spiega meglio di me, perciò rimando a questa lettura: http://www.megachipdue.info/tematiche/guerra-e-verita/705-da-non-perdere-la-fabbricazione-mediatica-del-mostro-islam.html.

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