Julian Assange oggi ha compiuto in prigione i suoi 52 anni. Nel soffocare la sua voce, l’Occidente rinnega il nucleo proclamato dei propri valori. In questo contesto, il giornalismo si mostra in prevalenza come una distesa desolata in putrefazione dove il falso è la cifra di tutto.
Quasi tutte le redazioni oggi hanno ignorato il miglior esempio di giornalismo di questo secolo. A suo modo è quasi un bene, perché quando gli editorialisti ne hanno parlato, era per colpirlo con il coraggiosissimo calcio dell’asino al leone malato. D’altronde i master di giornalismo vengono diretti dai Gianni Riotta (“the opposite of journalism”, disse Glenn Greenwald).
Anche in Parlamento tutto tace. Ma anche questa non è una novità. Quando insistemmo a parlarne, proprio in questi giorni, due anni fa, le Camere vollero girarsi dall’altra parte, inclusa la palude pentastellata (https://fb.watch/lyZPYFQJkd/). Urlammo in un deserto.
In troppi hanno inseguito vantaggi effimeri di un poterucolo sfuggente anziché difendere con le unghie e con i denti l’ultima chance per diffondere la verità. Una volta sconfitta la Rete dei “leaks”, delle notizie rivelate secondo le nuove possibilità tecnologiche, si è liberato di ogni freno il dispotismo soffice e spietato della Rete compiutamente totalitaria, un gigantesco apparato globale militare-industriale-securitario volto alla censura sempre più perfezionata.
Viva la libertà! Viva Julian Assange!