La questione dell’incidente nucleare

 
Chi può mai avere interesse a causare un grave incidente di proporzioni catastrofiche nella mega centrale nucleare di Zaporož’e?
Prima di rispondere, si consideri che nelle ore concitate in cui Mikhail Gorbaciov, a fine aprile 1986, incontrava ogni genere di esperti per capire cosa fare mentre la centrale di Černobyl’ bruciava e minacciava di esplodere in modo ancora più catastrofico, qualcuno di quegli esperti gli spiegò che se le cose si fossero messe male sarebbe stato inevitabile evacuare 30-40 milioni di abitanti da vastissimi territori che sarebbero rimasti inabitabili per generazioni. Per fortuna non andò così, ma Gorbaciov fu atterrito dal fatto che quella decisione spaventosa avrebbe potuto prenderla, in balia di eventi fuori controllo.
Dunque, che interesse avrebbe mai Mosca a rischiare di contaminare e magari spopolare un territorio immenso, fertile, strategicamente decisivo? Quale ragione politica e militare potrebbe mai giustificare un simile suicidio geopolitico, quando si sa la portata cataclismatica del rischio?
La canea del complesso militare industriale statunitense – e quella dei suoi avatar verdolini di Kiev – ormai va in crescendo. La propaganda sta orientandosi a dare per certo che i russi vogliano far saltare Zaporož’e .
Ecco, c’è semmai da essere molto preoccupati di cosa possa fare quella super-Gladio del XXI secolo che dal 2014 guida Kiev, in quanto manovalanza di strategie decise Oltreoceano e Oltremanica. Nonostante i tecnici della AIEA (l’agenzia ONU dell’energia atomica), che sono presenti sul posto, smentiscano categoricamente che i russi abbiano minato la centrale, il governo ucraino insiste e polemizza aspramente con essi.
E qui la preoccupazione si aggrava, perché questa propaganda trova sponda a Washington. Due senatori che devono tutto ai lobbisti del complesso militare industriale, i falchi Lindsey Graham e Richard Blumenthal, due figuri che si sentono sicuri stando a 8.271 km da Zaporož’e, hanno presentato una risoluzione secondo cui la distruzione di un impianto nucleare che disperda contaminanti radioattivi nel territorio di paesi membri della NATO sarebbe da considerare alla stregua di un attacco all’Alleanza atlantica tale da far scattare le micidiali clausole dell’art. 5 del Trattato: cioè tutti i paesi NATO, Italia inclusa, entrerebbero in guerra diretta con la Federazione Russa se
Zaporož’e esplodesse e contaminasse mezza Europa.
Gli stessi personaggi che da Kiev stanno usando la gioventù ucraina come carne da cannone in vani sacrifici che ricordano quelli imposti un secolo fa dal generale Cadorna, sono anche gli alfieri di un ulteriore tritacarne che devasterebbe il continente europeo. Un’operazione sotto falsa bandiera sarebbe il “casus belli” perfetto per gente che dà un prezzo molto basso alla vita umana.
Non caschiamoci.

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