Imposimato: a 11 anni da quell’11 settembre: era Strategia della Tensione

di Ferdinando ImposimatoJournal of 9/11 Studies.
Tradotto da Megachip

Gli
attentati dell’11/9 sono stati un’operazione globale di terrorismo di
Stato consentita dall’amministrazione degli USA, che sapeva già
dell’azione ma è rimasta intenzionalmente non reattiva al fine di fare
la guerra contro l’Afghanistan e l’Iraq. Per dirla in breve, gli eventi dell’11/9 erano un caso di Strategia della Tensione
messa in atto dai poteri politici ed economici negli Stati Uniti per
perseguire vantaggi in capo all’industria petrolifera e delle armi.
Anche
l’Italia è stata una vittima della “Strategia della Tensione” della
CIA, attuata in Italia dai tempi della strage di Portella della
Ginestra, in Sicilia, nel 1947, fino al 1993.
Ci
sono molte prove di una tale strategia, sia circostanziali che
scientifiche. Le relazioni del National Institute of Standards and
Technology (NIST), del 20 novembre 2005, hanno sancito le conclusioni di
seguito esposte.
Gli
aerei che hanno colpito ciascuna delle torri gemelle hanno causato
tanto una breccia quanto un’esplosione evidenziata da una gigantesca
palla di fuoco. Il carburante rimanente fluiva verso i piani inferiori,
alimentando gli incendi. Il calore degli incendi deformava le strutture
degli edifici così che entrambe le torri sono crollate completamente da
cima a fondo. Molto poco è rimasto di quanto era di qualsiasi dimensione
dopo questi eventi, a parte i frammenti in acciaio e in alluminio e i
detriti polverizzati provenienti dai pavimenti in cemento. Anche l’edificio 7 del World Trade Center crollò: lo fece in un modo che risultava in contrasto con l’esperienza comune degli ingegneri.
Il
rapporto finale del NIST ha affermato che gli attacchi aerei contro le
torri gemelle erano la causa dei crolli per tutti e tre gli edifici:
WTC1, WTC2 e WTC7.
Tutti
e tre gli edifici sono crollati completamente, ma l’edificio 7 non fu
colpito da un aereo. Il crollo totale del WTC7 ha violato l’esperienza
comune ed era senza precedenti.
Il
rapporto del NIST non analizza la reale natura dei crolli. Secondo gli
esperti intervenuti nel corso delle Udienze di Toronto (“Toronto Hearings”,
8-11 settembre 2011), i crolli avevano caratteristiche che indicano
esplosioni controllate. Sono d’accordo con l’architetto Richard Gage e
l’ingegnere Jon Cole, entrambi professionisti di grande esperienza, che
sono arrivati alle loro
conclusioni attraverso test affidabili, prove scientifiche, e la
testimonianza visiva di persone insospettabili, tra cui i vigili del
fuoco e le vittime.
L’autorevole
teologo David Ray Griffin ha descritto con grande precisione perché
l’ipotesi di demolizione controllata dovrebbe essere presa in
considerazione. Vari testimoni hanno sentito raffiche di esplosioni.
Secondo
il NIST il crollo dell’edificio 7 è stato causato da incendi provocati
dal crollo delle torri gemelle. Il chimico e ricercatore indipendente
Kevin Ryan, tuttavia, ha dimostrato che il NIST ha dato versioni
contraddittorie del crollo dell’edificio 7. In un rapporto preliminare
del NIST dichiarava che il WTC7 fu distrutto a causa di incendi
provocati da gasolio conservato nel palazzo, mentre in una seconda
relazione questo combustibile non era più considerato come la causa del
crollo dell’edificio. Ulteriori commenti sulla versione degli eventi
data dal NIST sono stati formulati da David Chandler, un altro
testimone esperto intervenuto nel corso delle Udienze di Toronto.
Nonostante la presunzione del NIST in merito a tre distinte fasi di
crollo, Chandler ha sottolineato che molti video disponibili dimostrano
che per circa due secondi e mezzo l’accelerazione dell’edificio non può
essere distinta da una caduta libera. Il NIST è stato costretto a
concordare con con questo fatto empirico come sottolineato da Chandler, e
ora comprensibile per chiunque.
Peter Dale Scott,
un altro testimone alle Udienze di Toronto, ha dimostrato l’esistenza
di un modello d’azione sistematico della CIA volto a bloccare importanti
informazioni nei confronti dell’FBI, anche quando l’FBI avrebbe
normalmente diritto di ottenerle. Inoltre, ci sono ulteriori elementi di
prova contro George Tenet e Tom Wilshire. Secondo l’ex capo dell’antiterrorismo della Casa Bianca, Richard Clarke
(intervista rilasciata alla televisione francese e tedesca come parte
di un documentario di Fabrizio Calvi e Christopf Klotz ,31 agosto 2011,
nonché l’intervista con Calvi e Leo Sisti, “Il Fatto Quotidiano “, 30 agosto 2011) la CIA era a conoscenza dell’imminente attacco dell’11/9.
Inoltre, dal 1999 la CIA aveva indagato Khalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hamzi,
entrambi sauditi, che sono stati associati con l’aereo della American
Airlines che ha colpito il Pentagono. La CIA era stata informata che
Khalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hamzi erano arrivati negli Stati Uniti
all’inizio del 2000. È legittimo dedurre che Tenet, capo della CIA, e
Wilshire, secondo Peter Dale Scott una “figura chiave” nella Alec Station,
bloccarono gli sforzi di due agenti dell’FBI, Doug Miller e Mark
Rossini, intesi a notificare al centro FBI che uno dei partecipanti alla
riunione di Kuala Lumpur, al-Mihdhar, aveva ottenuto un visto USA attraverso il consolato degli Stati Uniti a Jeddah. Il professor Scott, basandosi sulla ricerca di Kevin Fenton, cita 35 occasioni in cui i dirottatori sono stati protetti in questo modo, a partire dal gennaio del 2000 al 5 settembre 2001. Con riferimento al precedente di questi incidenti, il motivo di questa protezione era evidentemente, secondo Fenton, «per coprire un’operazione della CIA che era già in corso.»
Ulteriore
prova indiziaria contro Tenet e Wilshire è la seguente. Il 12 luglio
2001 Osama bin Laden si trovava nell’ospedale americano di Dubai. Fu
visitato da un agente della CIA. Questa informazione è stata data a Le
Figaro, che ha anche riferito che bin Laden era stato operato in questo
ospedale, essendo arrivato da Quetta (Pakistan). Questa informazione è
stata confermata da Radio France International, che ha rivelato il nome
dell’agente che ha incontrato bin Laden: Larry Mitchell. Tenet e
Wilshire, consapevoli della presenza di bin Laden negli Emirati Arabi
Uniti, non sono riusciti a farlo arrestare né estradare, anche se i
documenti dell’FBI e della CIA lo ritenevano responsabile di massacri in
Kenya e Tanzania.
L’insider trading è una forte ulteriore prova contro la CIA, l’FBI e il governo degli Stati Uniti.
Gli articoli del professor Paul Zarembka, così come da Kevin Ryan e altri, dimostrano che tali casi di insider trading hanno avuto luogo nei giorni immediatamente precedenti rispetto agli attentati. Eppure questi casi di insider trading sono stati negati dall’FBI e dalla Commissione d’inchiesta sull’11/9.
Ulteriore prova contro la CIA e l’amministrazione degli Stati Uniti è la seguente. Mohammed Atta,
almeno a partire dal maggio 2000, era sotto sorveglianza della CIA in
Germania, secondo la Commissione sull’11/9, sia perché era accusato sin
dal 1986 di attentati contro Israele, sia perché era stato sorpreso
mentre acquistava grandi quantità di prodotti chimici per l’uso in
esplosivi a Francoforte (The Observer, 30 settembre 2001). È
stato indagato dal servizio segreto egiziano e il suo telefono cellulare
era sotto controllo. Nel novembre del 1999 Mohammed Atta lasciò
Amburgo, andò a Karachi, in Pakistan, e poi a Kandahar. Qui ha
incontrato bin Laden e lo sceicco Omar Saeed (secondo la rivista
specializzata in questioni di sicurezza interna GlobalSecurity.org, alla
voce “Movements of Mohammed Atta”). Dopo giugno 2000 gli USA hanno
continuato a monitorare Atta, intercettando le sue conversazioni con Khalid Sheikh Mohammed, considerato il regista del 9/11, che ha vissuto in Pakistan.
Una forte prova del fatto che la CIA era a conoscenza dei movimenti irregolari di Atta dagli
Stati Uniti verso l’Europa e all’interno degli Stati Uniti è il
documento declassificato della CIA inviato dall’Agenzia a G.W Bush (President’s Daily Brief – Ndt: “relazione breve giornaliera per il presidente”).
Questo documento, del 6 agosto 2001, dice: «Bin Laden determinato a
colpire in USA.» E continua: “relazioni di provenienza clandestina, di
governi stranieri, e dei media indicano che bin Laden sin dal 1997 ha
voluto condurre attacchi terroristici negli Stati Uniti. Bin Laden ha
inteso in interviste a televisioni statunitensi nel 1997 e nel 1998 che i
suoi seguaci avrebbero seguito l’esempio dell’attentatore del World
Trade Center Ramzi Yousef, e avrebbero “portato i combattimenti in
America”.»
Dopo gli attacchi missilistici degli Stati Uniti sulla sua base in Afghanistan
nel 1998, bin Laden disse ai seguaci che voleva infliggere una
rappresaglia a danno di Washington, secondo un servizio di intelligence
straniero. Un membro operativo egiziano della Jihad islamica ha rivelato
a un agente di un servizio segreto straniero, nel frattempo, che bin
Laden aveva intenzione di sfruttare l’accesso operativo agli Stati Uniti
per organizzare un attacco terroristico …
Una
fonte clandestina ha affermato nel 1998, che una cellula di bin Laden a
New York stava reclutando giovani musulmani americani per gli
attentati.
Questo documento dimostra che la CIA, l’FBI, così come il presidente Bush, conoscevano già dal 6 agosto 2001 chi aveva un accesso operativo: Atta.
Nessuno ha goduto di un tale accesso negli Stati Uniti quanto Atta. Ma
la CIA, l’FBI e Bush non hanno fatto nulla per fermarlo.
In
Italia ho raccolto prove che la guerra in Iraq è stata decisa dal
governo degli Stati Uniti prima degli attacchi dell’11/9 con l’aiuto dei
servizi segreti italiani. Secondo Michel Chossudovsky, gli
attacchi dell’11/9 sono stati usati come pretesto per la guerra, avendo
avuto come sfondo i molti anni in cui si è avuta la creazione e il sostegno da parte della CIA della rete terroristica ora conosciuta come al-Qa’ida.
Oggi c’è il pericolo di una nuova “guerra preventiva” contro l’Iran da
parte degli Stati Uniti. Questo potrebbe essere terribile per la gente
di tutto il mondo e potrebbe anche distruggere una gran parte
dell’umanità.
L’unica possibilità per avere giustizia è quello di presentare le migliori prove relative al coinvolgimento di singoli individui nei fatti dell’11/9 al Procuratore della Corte penale internazionale
chiedendogli di indagare in base agli articoli 12, 13, 15 e 17, lettere
a e b, dello Statuto della Corte penale internazionale, ricordando
anche il preambolo della Statuto:
  • Riconoscere che tali gravi reati minacciano la pace, la sicurezza e il benessere del mondo,
  • Affermare che i
    reati più gravi che sono motivo di allarme per la comunità
    internazionale nel suo insieme non debbano rimanere impuniti e che la
    loro repressione debba essere efficacemente garantita mediante
    provvedimenti adottati a livello nazionale ed attraverso il
    rafforzamento della cooperazione internazionale,
  • Essere determinati a porre fine all’impunità degli autori di tali crimini e quindi di contribuire al perseguimento di tali reati,
  • Ricordare il
    dovere di ogni Stato di esercitare la propria giurisdizione nei
    confronti dei responsabili di reati internazionali …
Ferdinando Imposimato, settembre 2012.
Il testo in inglese è stato trascritto anche QUI.
Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.
Ferdinando Imposimato
è presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione ed ex
senatore e deputato. A lungo ha fatto parte della Commissione bicamerale
Antimafia.
Da
magistrato ha istruito alcuni tra i più importanti processi sul
terrorismo (il caso Aldo Moro, l’attentato al papa Giovanni Paolo II, il
caso Bachelet). Ha scoperto la “pista bulgara” e altre connessioni
terroristiche internazionali. Innumerevoli i processi contro mafia e
camorra. Tra gli altri, ha istruito il caso Michele Sindona e il
processo alla Banda della Magliana.
È
autore o co-autore di sette libri sul terrorismo internazionale, la
corruzione statale, e di questioni connesse, nonché Grand’Ufficiale
dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.
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