La finanza occidentale: un castello di carte appoggiato sulla corruzione

di Paul Craig Roberts – Sputnik.


ATLANTA, 15 novembre (Sputnik) – Così come si è accorta la maggior parte degli americani, sebbene non i media finanziari, il Quantitative Easing (un eufemismo per dire lo stampare il denaro) non è riuscito a recuperare l’economia americana. Allora perché il Giappone ha adottato questa politica? Dal momento in cui nel 2013 ha avuto inizio la stampa di denaro a pieno regime, lo yen giapponese è caduto del 35 per cento nei confronti del dollaro USA, un grosso costo per un paese dipendente dalle importazioni di energia. Inoltre, l’economia giapponese non ha mostrato alcuna crescita in risposta allo stimolo QE tale da giustificare l’aumento del prezzo delle importazioni. Nonostante la mancanza di risposta allo stimolo da parte dell’economia, il mese scorso la Banca del Giappone ha annunciato un aumento del 60 per cento nel Quantitative Easing da 50 a 80 trilioni di yen all’anno. Albert Edwards, stratega della Societé Generale, prevede che la zecca giapponese farà precipitare lo yen da 115 yen per dollaro a 145.
Si tratta di una previsione, ma perché rischiare la realtà? Che cosa ha da guadagnare il Giappone dalla svalutazione monetaria? Qual è la filosofia che sta dietro una tale politica? Una spiegazione semplice è che al Giappone è stato ordinato di distruggere la sua valuta al fine di proteggere un dollaro USA eccessivamente stampato. Come uno stato vassallo, il Giappone patisce l’egemonia politica e finanziaria statunitense ed è incapace di resistere alle pressioni di Washington. La spiegazione ufficiale è che, così come la Federal Reserve, la Banca del Giappone professa di credere nella curva di Phillips, che associa la crescita economica all’inflazione. La politica economica dal lato dell’offerta attuata dall’amministrazione Reagan smentì la credenza della curva di Phillips che la crescita economica non fosse coerente con un tasso di inflazione in declino o stabile. Tuttavia, gli economisti dell’establishment rifiutano di prenderne atto e proseguono con i dogmi con cui si sentono a loro agio. Negli Stati Uniti il QE ha causato l’inflazione nei prezzi dei titoli azionari e obbligazionari laddove la maggior parte della liquidità offerta è andata verso i mercati finanziari anziché nelle tasche dei consumatori. C’è più inflazione dei prezzi al consumo rispetto a quanto riferiscano le misure ufficiali dell’inflazione, in quanto le misure sono progettate per sottostimare l’inflazione, risparmiando così denaro per gli adeguamenti al costo della vita, ma l’effetto principale del QE si è risolto in prezzi irrealistici dei titoli azionari e obbligazionari.
La speranza della Banca del Giappone è che i prezzi delle importazioni delle materie prime e dell’energia salgano laddove cadrà il tasso di cambio dello yen, e che questi maggiori costi saranno distribuiti sui prezzi al consumo, spingendo verso l’alto l’inflazione e stimolando la crescita economica. Il Giappone sta giocando la sua economia in una scommessa basata su una teoria screditata.
La domanda interessante da porsi è perché mai gli strateghi finanziari si aspettino che lo yen crolli sotto il QE, ma non si attendono che il dollaro crolli sotto il QE. Il Giappone è la terza economia del mondo, e fino a circa un decennio fa stava ottenendo un successo strepitoso nonostante lo yen aumentasse di valore. Perché il QE dovrebbe influenzare lo yen in modo diverso dal dollaro? Forse la risposta sta nella potentissima alleanza tra il governo USA e il settore bancario/finanziario e sull’obbligo che Washington impone ai suoi stati vassalli affinché sostengano il dollaro come valuta di riserva mondiale.
Il Giappone non ha la capacità di neutralizzare le normali forze economiche. L’abilità di Washington di manipolare i mercati ha permesso a Washington di mantenere in piedi il suo castello di carte economico. L’annuncio della Federal Reserve che il QE è terminato ha migliorato le prospettive per il dollaro USA. Tuttavia, come ben chiarisce Nomi Prins, il QE non è finito, ma si è solo trasformato. Gli acquisti di obbligazioni della Fed hanno lasciato alle grandi banche 2.600 miliardi di dollari in eccesso di riserve di liquidità in deposito presso la Fed. Le banche potranno ora utilizzare questo denaro per acquistare titoli al posto degli acquisti della Fed. Quando questi soldi si esauriranno, la Fed troverà un motivo per riavviare il QE. Inoltre, la Fed ha annunciato che intende reinvestire l’interesse e la redditività derivanti dai suoi 4,5 trilioni di dollari detenuti in strumenti garantiti da ipoteche e titoli del Tesoro per continuare ad acquistare obbligazioni. È anche possibile che gli Interest Rate Swaps possano essere manipolati per mantenere bassi i tassi. Così, nonostante la fine annunciata del QE, gli acquisti continueranno per sostenere i prezzi elevati dei titoli, e il prezzo elevato delle obbligazioni continuerà a incoraggiare gli acquisti di titoli, perpetuando così il castello di carte. Come Dave Kranzler ed io (e certo anche altri) abbiamo fatto notare, un valore stabile o in aumento del tasso di cambio del dollaro è il fondamento necessario per il castello di carte. Fino a tre anni fa, il dollaro stava perdendo rapidamente terreno rispetto all’oro. Da allora le massicce vendite scoperte a corto nel mercato dei futures dell’oro sono state utilizzate per far scendere il prezzo dell’oro.
Che i prezzi dei lingotti di oro e argento siano truccati è evidente. La domanda è alta, e l’offerta è limitata; eppure i prezzi sono in calo. Il conio degli USA non può tenere il passo con la domanda di aquile d’argento e ha sospeso le vendite. La zecca canadese sta razionando la fornitura di foglie d’acero d’argento. La domanda di oro asiatica, in particolare da parte della Cina, è a livelli record.
Il terzo trimestre 2014, è stato il 15° trimestre consecutivo di acquisti netti di oro da parte delle banche centrali. Dave Kranzler riferisce che negli ultimi otto mesi, 101 tonnellate sono state drenate dal GLD, il che indica che c’è una carenza d’oro per la consegna agli acquirenti fisici. Il prezzo in declino dei futures, che è stabilito in un mercato di carta in cui i contratti sono regolati in contanti, non in oro, non è coerente con l’aumento della domanda e dell’offerta vincolata ed è una chiara indicazione dell’imbroglio sui prezzi da parte delle autorità. Il grado di estensione della corruzione finanziaria che coinvolge la collusione tra le mega-banche e le autorità finanziarie è insondabile. Il sistema finanziario occidentale è un castello di carte appoggiato sulla corruzione. Il castello di carte è rimasto in piedi più a lungo di quanto credessi possibile. Può stare in piedi per sempre o ci sono così tante giunture marce che il combinarsi simultaneo di alcuni cedimenti arriverà a sopraffare la manipolazione e porterà a un crollo massiccio? Il tempo ce lo dirà.

Le opinioni espresse in questo articolo sono esclusivamente quelle dell’autore e non riflettono la posizione ufficiale di Sputnik né quella di Megachip.


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