L’Euro sostituito dal Dollaro?

di Comidad.

L’anno diplomatico 2013 ha visto come primo significativo evento il comunicato congiunto
di Washington e Bruxelles del 13 febbraio sul comune proposito di
avviare dei negoziati per dar vita al TTIP, cioè ad una partnership per
il commercio transatlantico e per gli investimenti. Si tratterebbe di
una vera e propria unione finanziaria e commerciale delle due sponde
dell’Atlantico.
Il comunicato congiunto però non ha avuto alcuna risonanza sui media
ufficiali, anzi sembrerebbe che ci sia stata una vera e propria congiura
del silenzio. Ha fatto parzialissima eccezione la testata online “Wall Street Italia”;
ma il fatto davvero strano è che una testata specializzata in notizie
economico-finanziarie per procurarsi del materiale a riguardo abbia
dovuto far ricorso al rilancio di un articolo di Michel Collon, che era
stato tradotto e pubblicato su un sito di opposizione,
ComeDonChisciotte. L’articolo di Collon metteva in guardia contro la
prospettiva di una “NATO economica” che comporterebbe la nascita di un
governo mondiale svincolato da qualsiasi controllo.
L’espressione “NATO economica” per definire questo partenariato
commerciale-finanziario a livello transatlantico, non è affatto
arbitraria, poiché è la stessa che viene usata nel dibattito interno al Consiglio Atlantico, l’organo supremo della NATO.
Il 12 marzo scorso la Commissione europea ha deciso di chiedere luce verde
agli Stati membri per condurre in porto le trattative con gli USA. In
realtà le trattative erano state avviate da tempo, in quanto sul sito
della stessa Commissione europea risulta già una dovizia di studi di
fattibilità e di possibili protocolli di intesa. Allo scopo di
rassicurare i possibili perplessi, la Commissione fa anche sapere che il
contenzioso attuale tra Europa ed USA non riguarda più del 2% del
totale degli scambi commerciali.
Sempre dal sito dell’Unione Europea, si viene inoltre a sapere che un
Consiglio economico transatlantico, incaricato di porre le condizioni di
un vero partenariato, era già stato costituito nel 2007, cioè ben un
anno prima dello scoppio della bolla speculativa che ha aperto la strada
alla crisi finanziaria ed all’attuale depressione economica. Le firme
in calce al documento costitutivo,
che porta la data del 30 aprile 2007, sono quelle dell’allora
presidente USA, George W. Bush, dell’allora presidente del Consiglio
europeo, Angela Merkel, e del presidente della Commissione europea,
Manuel Barroso.
Non si può quindi inquadrare la “NATO economica” come una risposta della
presidenza Obama all’attuale crisi economico-finanziaria. Visti i tempi
lunghi che hanno preparato il TTIP, sembrerebbe infatti che la
prospettiva di un’unione commerciale e finanziaria tra le due sponde
dell’Atlantico, in realtà sia lo sbocco preordinato di un’emergenza
economica artificiosa. Infatti soltanto una gravissima depressione
economica potrebbe essere in grado di giustificare un passaggio epocale
di questa portata, e di superare le resistenze sociali a quella che si
configura sfacciatamente come una totale annessione coloniale
dell’Europa ai dettami commerciali e finanziari di Washington.
Alla luce di questo documento del 2007, anche l’ormai proverbiale
ottusità della Merkel e di Barroso potrebbe essere riletta come
pedissequa obbedienza alle direttive di Washington. Quindi, anche questo
trascinare oltre i limiti di ogni buon senso l’ormai irreversibile
crisi dell’euro, potrebbe trovare come provvidenziale soluzione
tutt’altro che un ritorno alle valute nazionali, bensì un’adozione del
dollaro come moneta unica europea.
A riconferma del nuovo ruolo imperialistico che svolgono le fondazioni
private, sul sito del Consiglio Atlantico si sottolinea il contributo
fornito nell’operazione TTIP da una fondazione privata come la Bertelsmann Foundation.
Che il Consiglio Atlantico e la Bertelsmann Foundation agiscano in un
rapporto pressoché alla pari è una cosa che dovrebbe far riflettere.
Le notizie ufficiali su questa fondazione privata ce la presentano come
una creatura dell’editore tedesco Reinhard Mohn; manco a dirlo, uno di
quelli entrati varie volte nella lista degli uomini più ricchi del
mondo. La fondazione agisce su un piano internazionale, con sedi a
Berlino, Bruxelles e Washington. Il Dizionario di Economia e Finanza dell’Enciclopedia Treccani si sofferma sul ruolo della fondazione nei progetti di politica estera.
L’azione svolta dalla Bertelsmann Foundation a favore della
conservazione della moneta unica europea, conferma che il calice
dell’euro debba essere bevuto sino alla feccia, in modo da consentire un
aggravarsi dell’emergenza economica, tale da giustificare soluzioni
drastiche che oggi potrebbero apparire del tutto impensabili per
l’opinione pubblica. Sul sito della stessa fondazione si trovano le
notizie su questa sua opera di “persuasione”.
La Bertelsmann Foundation ci fa sapere anche di aver ottenuto nel 2010 un generoso finanziamento
(definito, con incredibile faccia tosta, una “borsa di studio”!) dalla
Rockefeller Foundation per attuare i propri progetti di politica
internazionale. Questa informazione è utile sia per sapere chi ci sia
davvero dietro la Bertelsmann Foundation e dietro il TTIP , sia per
capire che fine facciano le grandi quantità di denaro maneggiate da
queste fondazioni no profit.
Il “mercato” è soltanto uno slogan, il “capitalismo” è un’astrazione
analitica, mentre il crimine affaristico è un dato di fatto. In nome
dell’assistenzialismo per ricchi, le fondazioni private infatti si
finanziano l’una con l’altra, attuando così riciclaggi finanziari e
investimenti che sono del tutto esenti da tasse. Rockefeller ha
finanziato la fondazione della famiglia Mohn; ma, dato che chi è
generoso viene premiato, un’altra delle fondazioni di Rockefeller, la
Philanthropy Advisors, ha ricevuto a sua volta un ricco premio in denaro dalla Bill & Melinda Gates Foundation, come riconoscimento per un suo progetto.
Le fondazioni private assorbono così molte delle funzioni affaristiche
del sistema bancario, sotto l’ombrello di nuovi privilegi. Un articolo del “Washington Post”
dell’aprile del 2005 avvertiva che il no profit stava diventando la
nuova frontiera dell’evasione fiscale. L’articolo riferiva di
un’allarmata lettera del capo dell’Agenzia delle Entrate statunitense di
allora, Mark W. Everson, che invocava dal governo misure per
contrastare la gigantesca evasione fiscale che si verificava, già a quei
tempi, all’ombra del no profit delle fondazioni private.
Non risulta che queste misure invocate da Everson siano mai arrivate;
anzi, a distanza di otto anni, non si vede quale funzionario governativo
possa essere in grado di alzare la voce contro fondazioni private che
gestiscono più potere e denaro di un ministero. Alla fiaba del dittatore
pazzo, corrisponde la fiaba del miliardario filantropo, alibi
mitologico di un potere sovranazionale del tutto incontrollato. Mentre i
dittatori pazzi come Assad, Ahmadinejad e Kim Jong-un minacciano il
mondo, i miliardari filantropi alla Rockefeller, alla Soros ed alla
Gates lo proteggono, come Batman.

Fonte: http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=550.

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