Strategie per una guerra mondiale

11 settembre 2001. A day of terror, intitolava «The New York Times» il giorno dopo l’attacco al cuore di Manhattan e al Pentagono. Uno degli eventi più drammatici della storia contemporanea colpiva i luoghi simbolo del potere occidentale all’inizio del nuovo millennio. Una rinnovata ‘strategia della tensione’ dilagava a livello mondiale innescando la ‘guerra al terrorismo’ e polarizzando la vita politica e civile intorno alla politica estera degli Stati Uniti. Altri conflitti e attentati, fra cui quello a Benazir Bhutto, si sono legati negli anni a quell’evento, mentre continuano a rafforzarsi le indagini indipendenti secondo le quali «l’11 settembre “vero” è molto diverso da quello divulgato con la forza di un dogma indiscutibile» per giustificare le nuove guerre in Medio Oriente e i loro morti senza nome, occultando gli scopi economici e finanziari connessi. L’interpretazione dell’11 settembre, lontana da pregiudizi o soluzioni semplicistiche, deve essere invece il risultato di un’analisi trasparente e completa dei fatti.

La ricostruzione degli avvenimenti disegna una mappa bellica che sembra condurre strategicamente a un nuovo conflitto mondiale.

4 Commenti

  1. Pino Cabras 29/02/2008 at 13:28

    Paolo:
    —Hai visto Pino?
    Un presunto attentatore del 11/9 aveva prenotato voli successivi a quella data!!—

    Sì, ho visto.
    Se troverò il tempo, proverò a tradurre un po’ di questi materiali. Si rafforzano gli indizi che nel “gruppo di fuoco” dei dirottatori evidenziano più che altro le funzioni di una squadra di zimbelli manovrati.

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  2. Anonimo 29/05/2008 at 23:16

    se vi faceste meno segoni mentali e se studiaste un pochino di politica internazionale, magari ascoltando giovani professori che fanno parte dell’establishment americano o leggendo riviste accademiche specializzate, avreste il cervello un po’ più libero da cazzate e un po’ più illuminato

    stefano

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  3. Pino Cabras 30/05/2008 at 14:13

    Stefano scrive:
    “se studiaste un pochino di politica internazionale, magari ascoltando giovani professori che fanno parte dell’establishment americano…”
    e mette di contorno anche alcune frasi sprezzanti.
    “Stefano” non mostra grande abitudine a interloquire, visto il tono che ha usato. Ma pazienza.
    Non ho la sua sconfinata ammirazione per i rampolli accademici dei poteri costituiti. Si impara poco da loro. Il prototipo di questi rampolli, Daniel Pipes, nasconde dietro altisonanti titoli accademici una povertà di analisi spaventosa e molta fuffa propagandistica. E in questa materia quanto più ci si allontana dalla propaganda, tanto più si possono afferrare brandelli di verità.
    Quanto alle letture specializzate, intanto Stefano si legga il mio libro e le sue centinaia di note, per poter giudicare se vado alle fonti oppure no. Mi saluti il suo cervello sgombro e illuminato!

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