Virginia e l’elefante nella stanza

In questi due anni la sindaca di Roma Virginia Raggi è stata oggetto di una campagna di “character assassination” (distruzione della reputazione della personalità) fra le più violente del mondo occidentale. Ha affrontato con coraggio uno dei grumi di potere più predatori e incistati che si possano immaginare, radicato nelle istituzioni di una metropoli che da un secolo e mezzo ripete gli stessi meccanismi di corruzione sistemica con la complicità di un complesso dell’informazione del tutto organico alle cricche padronali che muovono i fili del latrocinio. 

Il ceto politico-affaristico-criminale – anche con il tramite delle sue pedine nelle redazioni – ha restituito e concentrato i colpi contro colei che osava sfidarlo. Non è stata risparmiata alla sindaca alcuna sorta di invettiva, accusa falsa, forzatura, mezza verità manipolata, per presentare a mezzo stampa un quadro deformato della sua persona, diffamata giorno e notte. Nel contesto horror della persecuzione è stata colpita anche la sua dignità di donna, lordata con infinite allusioni sessiste, protette dal silenzio opportunistico di una parte di quello stesso mondo che a parole fa battaglie contro il sessismo, ma che non ha voluto vedere l’elefante nella stanza

Ora Virginia Raggi può agire più che mai a testa alta, a rappresentare una politica pulita che vuole cambiare le istituzioni e viaggiare lungo la rotta giusta: la qualità della vita dei cittadini, con la tenacia che serve quando i nemici sono quelli che hanno spolpato tutto.

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