CCF – Certificati di Compensazione Fiscale

PROPOSTA DI LEGGE

Istituzione di Certificati di Compensazione Fiscale in forma dematerializzata

d’iniziativa dei deputati

CABRAS, TRANO

Proposta di legge C. 2075 Presentata il 9 agosto 2019

 

ONOREVOLI COLLEGHI!

Negli ultimi decenni il processo di erosione della sovranità statuale ha subìto una sempre maggiore accelerazione. Tale processo ha determinato pesanti limitazioni agli spazi di manovra dei governi, soprattutto sulle scelte di politica economica, condizionando pesantemente l’azione dei poteri dello Stato legittimati democraticamente dagli strumenti della sovranità popolare. Si è trattato di un processo di graduale subordinazione della sfera politica rispetto alla sfera economico-finanziaria. In altre parole, di subordinazione della democrazia e della giustizia sociale rispetto al dogma della austerità (austerity). Il tema, pertanto, ha sollevato un serio problema di democrazia sostanziale.

In questo contesto, la presente proposta di legge ha tra i suoi obiettivi quello di riampliare gli spazi di manovra del governo della Repubblica, soprattutto a partire dalle capacità decisionali in tema di politica economica, attraverso l’introduzione dei Certificati di Compensazione Fiscale, un potente strumento capace di disinnescare alcune incombenti minacce finanziarie e, al tempo stesso, di superare la stringente dicotomia “Euro Sì – Euro No”.

Durante la XVIII legislatura la stessa Camera dei Deputati ha raggiunto un consenso unanime e trasversale a tutte le forze politiche approvando il 28 maggio 2019 la mozione 1-00013 a prima firma Baldelli. Nello specifico, la mozione ha riconosciuto le basi e la necessità di un intervento in merito, impegnando il governo ad ampliare le fattispecie ammesse alla compensazione tra crediti e debiti della pubblica amministrazione, anche attraverso titoli riconducibili alla più ampia categoria di Certificati di Compensazione Fiscale.

Cosa sono i CCF?

I Certificati di Compensazione Fiscale (CCF) sono definibili come una “quasi-moneta fiscale”: una moneta complementare, priva di corso legale, basata su sconti fiscali differiti, relativi a imposte non ancora maturate. I Certificati di Compensazione Fiscale sarebbero in grado di creare la liquidità di cui il sistema economico è stato privato in anni di politiche di austerity.

Tale misura permetterebbe al governo di riprendere il controllo della sua politica monetaria senza infrangere le regole della zona Euro. Dunque, si potrebbero coniugare i vantaggi di una più ampia capacità di manovra del governo in termini di politica monetaria, senza tuttavia pregiudicare l’esistenza dell’Euro (che resterebbe l’unica moneta legale) né la permanenza dell’Italia nell’Eurosistema.

I CCF si presenterebbero come vere e proprie obbligazioni trasferibili e negoziabili emesse dallo Stato, che i portatori potranno utilizzare per ottenere rimborsi fiscali a distanza di due anni dalla loro emissione. Tali obbligazioni sarebbero portatrici di un valore immediato, dal momento che incorporerebbero titolarità certe, ossia ottenere risparmi fiscali futuri. Potrebbero inoltre essere immediatamente scambiate con euro nel mercato finanziario o utilizzate (parallelamente all’Euro) per acquistare beni e servizi.

I Certificati di Compensazione Fiscale verrebbero assegnati a titolo gratuito a determinate categorie di persone e imprese o specifici settori di investimento, di volta in volta individuati dal governo secondo il criterio del superiore interesse pubblico. A mero titolo di esempio, potrebbero essere assegnati per integrare il reddito dei lavoratori dipendenti, per finanziare investimenti pubblici e programmi di spesa sociale, per ridurre le imposte delle imprese sul lavoro.

Queste allocazioni aumenterebbero la domanda interna e (nell’emulare una svalutazione del tasso di cambio) migliorerebbero la competitività delle imprese attraverso una riduzione del costo del lavoro. Di conseguenza, il divario fra la produzione potenziale e quella reale italiana – ovvero la differenza tra il PIL potenziale e quello effettivo – si chiuderebbe senza incidere sulla bilancia dei pagamenti dello Stato.

Sulla base di ipotesi prudenziali, è stato calcolato che la crescita del PIL dell’Italia nel biennio genererebbe entrate fiscali aggiuntive sufficienti a compensare i rimborsi fiscali. Le proiezioni mostrano che tali picchi si attesterebbero intorno ai 100 miliardi di euro l’anno, rispetto al totale delle entrate pubbliche dell’Italia di oltre 800 miliardi di euro. Pertanto, il rapporto di copertura (ossia il rapporto tra le entrate lorde del governo e i rimborsi fiscali in scadenza ogni anno) sarebbe sufficientemente ampio da tener conto di eventuali carenze dovute a future recessioni.

Inoltre, la misura dei Certificati di Compensazione Fiscale risulta in perfetta conformità con le regole europee. Secondo i criteri di contabilizzazione redatti da Eurostat nel suo Eurostat Guidance Note. Treatment of Deferred Tax Assets (DTAs) and recording of Tax Credits related to DTAs in ESA2010,[1] le obbligazioni dei Certificati di Compensazione Fiscale non costituiscono debito, in quanto l’emittente non ha alcun obbligo di rimborsarle in contanti. Inoltre, in quanto non-payable tax assets (“attività fiscali non pagabili”) –di cui esistono già molti esempi –, esse non vengono registrate nel bilancio dello Stato fino a quando non sono utilizzate per i rimborsi fiscali, cioè due anni dopo l’emissione, ovvero una volta recuperati la produzione e le entrate fiscali.

Così strutturati, i CCF non costituiscono debito perché non comportano pagamenti futuri da parte dello Stato che li emette, come invece avviene nel caso dei titoli di debito. Di conseguenza, i Certificati di Compensazione Fiscale non implicano obblighi finanziari in capo al bilancio pubblico.

Per questa ragione i CCF non vanno iscritti in bilancio se non allorché siano utilizzati come sconti fiscali (ovvero due anni dopo la loro emissione). In sostanza, si tratta di uno strumento pienamente in linea con le regole in vigore.

Per molti versi lo strumento in parola trae notevole ispirazione dall’esperienza del Sardex, ormai studiata in tutto il mondo, sviluppata da un gruppo di giovani sardi che hanno visto lontano. Il Sardex è basato su un circuito commerciale in cui le imprese che aderiscono accettano di essere pagate in Sardex in luogo dell’euro in rapporto di 1 a 1.

Al pari del Sardex, i Certificati di Compensazione Fiscale potrebbero circolare molto fluidamente in presenza di un circuito commerciale a livello nazionale al quale sarebbero chiamate ad aderire le grandi imprese pubbliche (ad esempio ENI, ENEL, Ferrovie dello Stato, Poste, ecc.), oltre alle imprese di settori che innescano importanti scambi come l’edilizia.

Sarebbe il modo di creare un ampio sistema di accettazione degli sconti fiscali che, prima di arrivare a scadenza, potrebbero funzionare come un mezzo di pagamento complementare all’euro su base volontaria. L’espressione “su base volontaria” non è casuale, è molto sostanziale, e definisce la sostenibilità giuridica della proposta, senza la necessità di rotture costituzionali o giuridiche, neanche su scala europea.

Un aspetto che differenzia i Certificati di Compensazione Fiscale rispetto ad altre misure simili ma costituenti debito è il differimento nell’uso: se non ci fosse il differimento i titoli verrebbero contabilizzati immediatamente nel deficit corrente, in quanto determinanti una minore entrata di euro nell’anno di emissione.

Ciò non accade nel caso dei Certificati di Compensazione Fiscale: essendo sconti fiscali a scadenza di due anni avranno un impatto posticipato sul bilancio pubblico. In altri termini, il differimento garantisce la circolazione dei titoli nel periodo che intercorre tra l’emissione e la scadenza e quindi la possibilità di far funzionare i titoli fiscali come mezzo di pagamento complementare all’euro per un periodo di due anni.

 

Una proposta di legge in cinque articoli.

L’articolo 1 prevede, al comma 1, l’istituzione dei Certificati di Compensazione Fiscale che incorporano il diritto, con decorrenza biennale dalla data di emissione, alla compensazione per obbligazioni finanziarie verso le amministrazioni pubbliche. Il comma 2 dispone che il Ministero dell’Economia e delle Finanze stabilisca l’entità dell’accantonamento da destinare alla concessione di Certificati di Compensazione Fiscale, entro il limite annualmente stabilito dalla legge di bilancio, con la quale sono anche stabiliti: finalizzazioni, destinatari, importo massimo concedibile, quote e termini di durata del beneficio. Il comma 3 prevede che i Certificati di Compensazione Fiscale non concorrano alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, e che siano utilizzabili esclusivamente in compensazione di imposte, contributi e altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

L’articolo 2 dispone che il Ministro dell’Economia e delle Finanze emani apposito decreto per individuare la struttura incaricata di provvedere alla gestione dei Certificati di Compensazione Fiscale, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

L’articolo 3 delinea le norme di assegnazione e circolazione dei Certificati di Compensazione Fiscale. Al comma 1 si stabilisce che i Certificati di Compensazione Fiscale siano assegnati a favore di individui, imprese e professionisti come percentuale su somme dovute, a qualsiasi titolo, anche come contributo, agevolazione, sussidio per non abbienti o riduzione del costo del lavoro. Il comma 2 dispone che destinatari dei Certificati di Compensazione Fiscale possano impiegare i Certificati di Compensazione Fiscale per la corresponsione di somme dovute, a qualsiasi titolo, alle amministrazioni pubbliche. Il comma 3 dispone che i Certificati di Compensazione Fiscale siano valevoli al portatore, mentre il comma 4 consente il libero uso degli stessi come strumento di pagamento fiduciario nelle transazioni tra privati.

L’articolo 4 regola forma e modalità di emissione dei Certificati di Compensazione Fiscale. Il comma 1 stabilisce che questi siano emessi in forma dematerializzata e incorporati su scheda elettronica ricaricabile dotata di codice identificativo utilizzabile da qualunque applicazione digitale. Il comma 2 dispone che i Certificati di Compensazione Fiscale siano emessi attraverso tecnologie “Distributed Ledger Technology (DLT)” che ne garantiscono sicurezza, affidabilità e trasparenza. Il comma 3 stabilisce che la gestione informatica e telematica dei Certificati di Compensazione Fiscale sia affidata alla medesima struttura del Ministero dell’Economia e delle Finanze di cui al precedente articolo 2.

L’articolo 5 dispone che, all’atto dell’emissione, i Certificati di Compensazione Fiscale siano contabilizzati come “crediti d’imposta non pagabili” e che rilevino ai fini della contabilità di Stato solo alla data della compensazione e per la quota effettivamente utilizzata.

 

L’articolato di legge

Articolo 1

(Certificati di Compensazione Fiscale)

  1. Entro 30 giorni dall’entrata in vigore della presente legge sono istituiti i Certificati di Compensazione Fiscale, che incorporano il diritto, con decorrenza biennale dalla data di emissione, alla compensazione per obbligazioni finanziarie verso le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  2. Entro il limite annualmente stabilito dalla legge di approvazione del bilancio di previsione dello Stato, il Ministro dell’Economia e delle Finanze è autorizzato, in ogni anno finanziario, a stabilire l’entità dell’accantonamento da destinare alla concessione di Certificati di Compensazione Fiscale. Con la Legge di Bilancio sono stabiliti altresì, in ragione d’anno, le finalizzazioni, i destinatari, le quote e i termini di durata del beneficio, l’importo massimo concedibile nel rispetto dei limiti di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione europea del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea agli aiuti «de minimis».

 

  1. I Certificati di Compensazione Fiscale non concorrono alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e sono utilizzabili esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

 

Articolo 2

 

(Uffici del Ministero dell’Economia per Certificati di Compensazione Fiscale)

 

  1. Entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell’Economia e delle Finanze, con proprio decreto, individua la struttura incaricata di provvedere all’assegnazione e all’efficiente compensazione, per obbligazioni nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, dei Certificati di Compensazione Fiscale, nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

Articolo 3

(Assegnazione e circolazione dei Certificati di Compensazione Fiscale)

  1. I Certificati di Compensazione Fiscale sono assegnati come percentuale, determinata per legge, su somme dovute, a qualsiasi titolo, anche come contributo, agevolazione, sussidio per non abbienti, riduzione del costo del lavoro, a favore di individui, imprese e professionisti.
  2. I destinatari dei Certificati di Compensazione Fiscale possono impiegare i Certificati di Compensazione Fiscale, esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per la corresponsione di somme dovute, a qualsiasi titolo, alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  3. I Certificati di Compensazione Fiscale sono valevoli al portatore.
  4. Nelle transazioni tra privati è consentito il libero uso dei Certificati di Compensazione Fiscale come strumento di pagamento fiduciario, nei limiti riconosciuti all’autonomia privata.

Articolo 4

(Forma e modalità di emissione)

  1. I Certificati di Compensazione Fiscale sono emessi in forma dematerializzata e sono incorporati su scheda elettronica ricaricabile dotata di codice identificativo che ne consente l’uso per compensazioni da qualunque applicazione digitale.
  2. I Certificati di Compensazione Fiscale in forma dematerializzata si basano sulle tecnologie “Distributed Ledger Technology (DLT)” dei registri elettronici distribuiti e degli smart contract di cui all’articolo 8-ter del decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135 convertito, con modificazioni dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12.
  3. La gestione informatica e telematica dei Certificati di Compensazione Fiscale dematerializzati è affidata alla struttura di cui all’art. 2.

 

Articolo 5

(Contabilità)

  1. A fini contabili i Certificati di Compensazione Fiscale all’atto dell’emissione sono “crediti d’imposta non pagabili”, ai sensi del Regolamento UE n. 549/2013 (SEC 2010) e rilevano ai fini della contabilità di Stato esclusivamente alla data della compensazione e per la quota di effettivo utilizzo.

 

[1] Vedi: Eurostat Guidance Note, Treatment of Deferred Tax Assets (DTAs) and recording of Tax Credits related to DTAs in ESA2010,  https://ec.europa.eu/eurostat/documents/1015035/2041357/Guidance-Note-on-Deferred-tax-asssets.pdf/42b7934b-a509-4df4-9317-19a1f9900dbe.

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