La vicenda del voto impedito alla deputata Sara Cunial per le elezioni del Presidente della Repubblica rivela in modo esemplare l’inferno burocratico che ha devastato lo stato di diritto in Italia ai tempi del green pass. L’ordinamento è investito da una marea di paradossi, assurdità, ingiustizie piccole e grandi, vessazioni, molestie pedanti e formaliste, limitazioni sproporzionate. Il governo ha trasformato una Repubblica nata libera in un putiferio di check-point, dogane innaturali, confini invalicabili che attraversano aule, autobus, treni, navi, aerei con regole cangianti e cervellotiche. Il risultato è una collezione infinita di traumi giuridici associati a sofferenze diffuse, incertezze applicative che vengono risolte dissennatamente d’autorità ogni volta contro l’ovvio e il buonsenso. Milioni di persone sane sono importunate, impedite al diritto al lavoro, tormentate con un costante inasprimento che diventa ogni volta un incrocio tra un racconto di Buzzati ambientato in un ospedale e un incubo sadomaso con un Brunetta armato di tamponi e gli occhi iniettati di Pfizer.
Così accade che i parlamentari risultati positivi al covid possano votare in un drive-in, dove depositano le loro schede dall’autovettura o perfino da un’ambulanza, e invece non viene concesso il voto con lo stesso metodo a Cunial, sana come un pesce, perché sulla sua contestazione del green pass prevale un’applicazione pedissequa di una regola che va contro il buon senso.
Nello stesso momento il deputato sardo Guido De Martini non può prendere nessun mezzo di trasporto per raggiungere il continente e votare per il nuovo Capo dello Stato, condividendo il destino di centinaia di migliaia di sardi soggetti alla stessa segregazione, unica nel suo genere in tutto il mondo. Ribadisco: unica al mondo.
L’incostituzionalità di tutto il corpus giuridico creato con il green pass è da noi denunciata sin dall’inizio, con la particolare preoccupazione di vedere la costruzione di un regime, il Draghistan. Ogni pressione volta a conculcare i diritti politici – anche quando si presenta con una patina di legalità applicata con la violenza sorda delle scartoffie dei gerarchi – va denunciata. Il caso Cunial e il caso De Martini meritano di non essere trattati con la distratta inesorabilità cui si è abbandonato Roberto Fico, l’uomo che esordì alla carica di presidente della Camera con una tiritera sulla Centralità-del-Parlamento. Si è visto.
Faremo di tutto, in Parlamento e fuori – con ricorsi, atti di sindacato ispettivo, denunce, mozioni, azioni internazionali – per portare alla sconfitta questo regime. Un regime che ha voluto trasformare in un delirio distopico una vicenda sanitaria che richiedeva investimenti in medicina territoriale, una semplice e attenta pianificazione, un rispetto sistematico dei cittadini e della dignità umana. Ma per Draghi, Speranza, Brunetta (e anche Fico), la società si regola al ritmo di un calendario zootecnico.