Un’intervista del ministro Roberto Cingolani appena pubblicata sulle pagine economiche del “Corriere del Mezzogiorno” ci conferma le preoccupazioni già lampanti all’esordio del governo Draghi.
C’era chi ci ammoniva con la frase più classica: “aspettate a giudicare, lasciamoli lavorare”, come se fossimo davanti solo a un preventivo e non anche a un consuntivo. Noi infatti per trent’anni avevamo letto la storia di Mario Draghi e la storia dei governi tecnici, abbastanza da sapere che la Repubblica italiana stava per farsi un altro giro nella giostra inceppata dell’Europa “austeritaria”.
Non contenti, ci volevano allora vendere la novità del Superministero della Transizione Ecologica, illustrato come il grande digestivo in grado di farci smaltire ogni nuovo tipo di rospo, e tutto ci doveva apparire puro ambientalismo grillino: e il ministro, e il ministero, e i rospi, tutti in fila saltellanti sul Ponte sullo Stretto.
Ed ecco dunque Cingolani il Confermatore (di tutti gli incubi iniziali). Nell’intervista odierna il supertecnico ci conferma innanzitutto che i soldi del Recovery Plan non sono la montagna di miliardi sbandierata dagli agit-prop dei partiti, ma una tirchia occasione che non si ripete: «non ce ne sarà una seconda per nessuno». Ci conferma che non ci sarà una politica economica basata sulla programmazione, ma il classico sistema per bandi europei da decenni in simbiosi con la stagnazione del Mezzogiorno e delle isole. E «se un ente non è in grado, chi è causa del suo mal pianga se stesso».
Non so a voi, ma questa formulazione pare in leggero contrasto con quella dell’art. 3 della Costituzione: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono» ecc., per non parlare dell’art. 119. La coesione territoriale? Sarebbe bella e costituzionale, ma il Confermatore aveva notato anche lui, come li avevamo notati noi, i leghisti passare in appena 24 ore dalle suggestioni antieuropee all’europeismo più ortodosso e acritico.
Voleva solo confermarcelo: era ritornata in forze la Lega Nord, il governo veniva ripulito dai ministri meridionali e se c’era qualcosa da salvare nel disastro post-covid, Draghi avrebbe scelto quella parte d’industria settentrionale da tempo nell’orbita dell’industria tedesca. Gli altri pazienza. Il mentore Draghi, dopo le imprese zombie, avrebbe lasciato al corso naturale delle cose le regioni zombie, preventivamente sprovviste di ogni alibi.