Je suis Charlie, ou non?

Dunque la Merkel ha dato il via libera affinché si possa processare un comico, Jan Boehmermann, reo di aver fatto satira sul presidente turco Erdoğan. Eppure ricordavo bene questa foto: in prima fila a Parigi, nel gennaio dell’anno scorso, per dire che anche loro erano Charlie, marciavano pure i premier di Germania e Turchia, Angela Merkel e Ahmet Davutoğlu.
In quei giorni la difesa del diritto di libertà di parola era così intransigente che diede perfino origine a un principio nuovo di zecca, sconosciuto agli Illuministi: difendendo la libertà di parola non solo si difende il diritto di divulgare il pensiero, ma si approva il contenuto del pensiero stesso. Non si contavano i personaggi che chiedevano, per mostrare “solidarietà” con i disegnatori assassinati, che non si dovesse semplicemente condannare gli attentati e difendere il diritto dei disegnatori di pubblicare, ma si dovesse pubblicare e persino celebrare quelle vignette, anche se potevano offendere milioni di persone.
Questo zelo pare che non debba più valere se viene toccata la classe dirigente turca.
Dopo essere stato sbertucciato dal comico tedesco, Erdoğan ha ordinato, e Merkel ha obbedito con la stessa velocità di un cane da riporto.
Il che significa che il Sultano di Ankara, il grande ricattatore che apre e chiude i rubinetti dei migranti a seconda del pizzo che gli versa quest’Europa di maggiordomi, il leader del paese con più giornalisti in carcere, ora vuole “erdoganizzare” anche i media europei perché sa di trovare complici impauriti e ricattabili, fra una minaccia mafiosa di nuovi attentati e la corsa a nuove avventure militari.
Intanto, Ich bin Jan Boehmermann. 

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