Privatizzare è suicida oltre che inutile

  • Concordo al cento per cento con la seguente riflessione di Gabriele Guzzi sul danno enorme delle vecchie e nuove privatizzazioni.
    Buona lettura, e diffondetelo!   (Pino Cabras)
    —–

di Gabriele Guzzi.
Una contabilità dello Stato corretta dovrebbe valutare il patrimonio pubblico netto, come suggeriva Anthony Atkinson. Uno Stato con 100 di debito e 50 di partecipazioni pubbliche aziendali, avrebbe un debito netto di 50. Vendere quei 50 di azioni sarebbe perciò inutile, e anzi dannoso.

Il valore azionario infatti cresce, la liquidità viene erosa dell’inflazione. In questo modo, si vedrebbe che privatizzare è suicida oltre che inutile. Sperperi un valore reale, costruito in decenni di investimenti, per avere poche risorse ora.

Nel caso dell’Italia di oggi, quindi, non si rende il debito pubblico sostenibile in questo modo. È una totale follia. Avere 4 miliardi da Eni, o 5 da Poste, o 10 Ferrovie, non è paragonabile al valore che il possesso di queste azioni dà in base a tutti i criteri possibili.

È particolarmente dannoso poi per le future generazioni. Mettiamoci dalla prospettiva di 70 anni fa. Per noi, era meglio che lo Stato vendeva Eni facendoci, all’epoca, alcune centinaia di milioni di lire, o che si tenesse queste azioni per farcele arrivare fino a noi?

Mentre il denaro si crea dal nulla, Eni, Poste o le Ferrovie non si creano dal nulla. Per uno Stato, 1 mld in azioni Eni non è paragonabile a 1 mld di euro in liquidità. L’importanza economica, strategica, geopolitica è imparagonabile.

E non basta dire che si manterrebbe il controllo. Sia perché si perderanno azioni che probabilmente cresceranno di valore, sia perché introduci fondi privati in aziende che dovrebbe mirare prima di tutto al bene pubblico, al valore d’uso per i cittadini italiani, e non ai flussi per gli azionisti stranieri.

Non firmare la ratifica del Mes e poi agire come se si fosse chiesto un prestito al Mes, con tutte le sue condizionalità e la sua voglia di privatizzazioni, è un totale controsenso.
È autoinfliggersi un vincolo che hai detto che hai evitato.

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