Revamp The Sulcis

di Pino Cabras.

Centinaia di lavoratori e il territorio del Sulcis sono toccati dalla questione Sider Alloys. Nella mattinata di giovedì 9 maggio ho partecipato alla riunione del “tavolo di crisi” presso il Ministero dello Sviluppo Economico (Mise) dedicato allo stabilimento ex-Alcoa di Portovesme per la produzione di alluminio. Erano presenti Giorgio Sorial, vicecapo di Gabinetto del Mise, il sottosegretario Davide Crippa, i rappresentanti del ministero del lavoro, il presidente della Regione Sardegna Christian Solinas, nonché esponenti di Invitalia, dell’azienda e dei sindacati.
Rispetto al tavolo convocato a marzo, l’azienda ha colmato molti ritardi che si erano accumulati nella tabella di marcia, ritardi per i quali il governo a muso duro aveva chiesto a Sider Alloys che si desse una smossa. In particolare l’azienda ha concluso i contratti con la grande impresa cinese Chalieco-Sami e con altre imprese per il rimodernamento (revamping) degli impianti. E a differenza alle diapositive scarne della volta scorsa, stavolta c’erano più riferimenti numerici per illustrare il piano industriale, con indicazioni più precise sui ricavi (una combinazione di prodotti di alta gamma ad elevato valore aggiunto), e sui costi (energia e non solo). 
I contratti dunque ci sono, formalmente pronti a completare il piano per gradi fino a giugno 2020. Il problema è che il via libera al piano, anche se ora ha molti più dettagli, è legato alla conclusione di un mega contratto quadro di fornitura che abbatta drasticamente il costo dell’energia. Qui c’è il punto dolente su cui il leader della Fim – Cisl, Marco Bentivogli, e l’ex titolare del Mise, Carlo Calenda, già giocano allo scaricabarile e invertono il principio di causa ed effetto. 
Per come la vedo io, è emerso chiaramente che l’operazione tanto propagandata nel febbraio 2018 dal governo in fregola elettorale, era assolutamente incompleta. Il piano di abbattimento dei costi energetici non era pronto (come non lo era il piano industriale), e si sapeva solo che voleva portare il prezzo “calmierato” dell’energia al livello di 24 euro a megawatt/ora (24 €/Mgwh), in un’epoca in cui il prezzo era a quota 44 €/Mgwh. Nel frattempo, siccome il mercato dell’energia si muove senza citofonare a casa Calenda per chiederne il permesso, il prezzo è salito a circa 59 €/Mgwh. Il che significa che se anche si abbatte il costo usando tutto l’arsenale oggi legalmente a disposizione del sistema, il prezzo può abbassarsi grosso modo soltanto fino a 39 €/Mgwh. Con i conti presentati da Sider Alloys, significa che così non va, non funziona. 
Per questo motivo Invitalia, l’agenzia del Mise specializzata in sviluppo d’impresa e investimenti, ha proposto un canovaccio che richiede un rapido e difficile adeguamento dei piani: siccome lo scenario energetico dell’era Calenda (24 €/Mgwh) aveva i piedi saldamente piantati sulle nuvole, e siccome l’energia non è l’unico fattore di costo da calcolare, occorre presto riconsiderare drasticamente e nell’insieme tutti i costi. E se l’azienda ha previsto un certo livello di profitti, beh, deve purtroppo volare più basso. L’assorbimento desiderato della differenza di costi insomma non riguarderà solo l’energia, ma tutto il quadro dei costi. È un percorso tortuoso che fa tremare i polsi, perché intanto il tempo scorre e si aggiungono le lentezze burocratiche sugli ammortizzatori sociali. 
Altra cosa: e se le condizioni del mercato energetico, così sensibile anche agli eventi politici globali, dovessero peggiorare ancora? Gli elementi di vulnerabilità di tutta questa costruzione sono molto ingombranti. Chi faceva trionfalismo barava.
Gli uffici del ministero e di Invitalia lavorano a tempo pieno per una soluzione: Di Maio, durante l’incontro con i rappresentanti dei lavoratori ex-Alcoa cui ho assistito in Sardegna il 3 maggio scorso, ha spiegato esattamente che in cima alla sua scrivania ci sono i due dossier più complessi, quelli di Alitalia e Sider Alloys. Ha assicurato il massimo impegno e vedo con i miei occhi che si lavora in quella direzione.
Il leader della Fim-Cisl sostiene che in quasi un anno di governo Conte «il tempo è stato impiegato solo per smontare l’accordo Alcoa-Sider Alloys che avevamo fatto. Era tutto pronto per un accordo su tariffa energetica e decreto energivori e infrastrutture». Falso: non si poteva smontare la nebbia. C’era semmai da rimontare il piano su presupposti più realistici.
Calenda poi fa lo spiritoso/sussiegoso: «mesi fa avevo detto a Di Maio che se non aveva tempo per gestire Alcoa volentieri lo avrei affiancato. Rinnovo l’invito.» Per carità, abbiamo già tanti problemi.
Al fondo rimane una questione, che pongo all’attenzione del governo e della giunta regionale. Occorre ripensare il modello di sviluppo del Sulcis, dove da decenni l’inerzia dell’interminabile declino industriale spinge a inseguire un’emergenza che diventa metodo di (s)governo. Bisogna riprogrammare tutte le risorse a suo tempo previste dal Piano Sulcis, uscire dalle monoculture e fare un vero revamping sociale. Noi ci saremo.


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