Probabilmente nel mio commento post-voto, diffusosi in varie piattaforme, mi son spiegato male, perché vedo un equivoco di fondo in una parte dei commenti.
Cerco dunque di precisare meglio. Io non sono contro la scelta pratica di non votare, che molti hanno fatto non trovando sulla scheda un partito che potesse rappresentarli. Io stesso, che avrei dovuto votare nella circoscrizione delle isole, ho preferito non perdermi il Forum di San Pietroburgo e dunque stavolta non ho votato.
Il punto non è questo, dunque.
Quel che critico è una specie di “astensionismo militante” di una parte del dissenso che si esprime su varie tribune, la quale non vede MAI utilità politica di alcun tipo nel voto in sé. La qual cosa porta a indebolire in partenza forze che tentano di organizzarsi per dare qualche dispiacere ai padroni del vapore e magari costruire un’alternativa. E molti degli “astensionisti a prescindere” si impuntano su dettagli che vengono smentiti dai fatti. Quando un Macron viene bastonato mentre promuove l’escalation, il giorno dopo è costretto a sciogliere il parlamento. Quando il sistema dei partiti della Germania rivela in modo più evidente proprio nel voto la sua crisi, beh, altro che voto senza effetti! Abbiamo partiti puniti e altri premiati, e niente meno che il motore della UE in crisi di identità. Si è aperta cioè una contraddizione di sistema in cui quel voto che non doveva influire su nulla si è invece insinuato. Il partito si Sahra Wagenknecht ha ora una tribuna su cui fare leva e rafforzare i rappresentati.
Spero che questo sia chiaro, ma lo ripeto ancora una volta per evitare i più ostinati fraintendimenti: in queste europee sono stato anche io un non votante, perciò capisco benissimo chi non vota per mancanza di scelta.
Quel che non capisco, invece, è il volere che non ci sia scelta, credendo che tanto tutto crolla da sé e pensando che una Schlein si senta meno legittimata se perde mezzo milione di voti ma avanza in percentuale.