Il primo risultato significativo emerge dalla Germania punendo sia gli ultras del bellicismo atlantista di quell’incredibile fogna di guerrafondai raccolta nei Verdi, sia la SPD di quel pavido svendipatria di Scholz. Per il resto in Germania registriamo la profonda crisi di identità di quello che fu il paese guida dell’Unione europea. Dato il peso della Germania, indipendentemente dalla conferma europea della maggioranza parlamentare uscente, la confusione berlinese si tradurrà in una crisi di prospettiva per la UE.
Anche dalla Francia arriva un forte segnale. Il rampollo avariato e burbanzoso dei Rothschild non ha preso altro che il 15 per cento dei voti dei già pochi che votano. Certo, Marine Le Pen negli ultimi tempi si era “melonizzata” mutuando qualche parola d’ordine della Nato, ma anche il voto transalpino punisce quelli che stavano puntando il muso dritto verso la guerra mondiale. Tempi interessanti.
Pure in Belgio vediamo il premier dimissionario e in lacrime.
Questa è la dimostrazione più evidente e plastica dell’enorme granchio preso da quelli che hanno fatto una campagna militante per l’astensione, cui hanno creduto sulla base di un’enorme sottovalutazione delle dinamiche politiche sanzionate dai movimenti dei voti espressi, nonché sulla base di una sopravvalutazione ingenua, meccanicistica e giuridicamente inconsistente degli effetti “delegittimanti” dell’astensione. È verissimo che molto di quanto convenzionalmente definiamo “democrazia” è soggetto a mille pressioni che svuotano la sovranità popolare, ma quando nonostante tutto entrano in campo milioni di persone non si tratta di meri “ludi cartacei”.
In Italia le oligarchie hanno inquinato profondamente la possibilità di votare forze innovative e hanno potuto contare meglio che in altri paesi sugli astensionisti militanti per proteggere le loro percentuali. Ma molte cose possono muoversi ancora. La sfida specifica per la Repubblica Italiana è far tornare la possibilità di restituire un’influenza di massa al voto.
Un lavoro di lunga lena. Astenersi perditempo.