Zedda e Soru, storie di fantasmi e antipolitica

Io lo tengo e tu lo picchi. La vecchia suddivisione dei compiti è sempre di moda, in casa PD, quando si parla del Movimento Cinque Stelle. Renzi e i giornaloni fanno l’impossibile per nascondere l’impressionante casellario giudiziale dei candidati piddini e trasfigurare l’immagine del M5S in una sentina di vizi. I colonnelli del renzismo, nei vari territori, si curano invece di dipingere i cinquestelle come una massa di profani che non raggiungeranno mai le sperimentate abilità politiche di Maria Elena Etruria Boschi & C.
Fra questi colonnelli del renzismo, in Sardegna spiccano Massimo Zedda, sindaco di Cagliari, e Renato Soru, eurodeputato. Entrambi hanno rilasciato interviste interessanti.
Zedda, su Sardiniapost, lamenta che “l’antipolitica esprime la rabbia, si riprenda a parlare di idee e progetti”, perbacco.
Soru, sulla Nuova Sardegna, tuona che Luigi Di Maio è un incompetente. Dell’uomo che negli ultimi cinque anni ha ricoperto la carica di vicepresidente della Camera dice: “so che nella sua vita ha staccato biglietti allo stadio e questo non basta per governare l’Italia”. Il fatto è che il buon Renato all’Europarlamento di biglietti ne ha staccato davvero pochini. È infatti in competizione per la maglia nera di deputato più assenteista: secondo il sito Votewatch.eu, su 750 eurodeputati, soltanto uno avrebbe fatto peggio di lui. Ma da qui a un anno Soru può farcela ancora, onorando la Sardegna di questo avvincente record. Persino Salvini, che pure ogni tanto viene rimbrottato dai colleghi perché non lo vedono mai, si classifica al posto numero 543 su 750. L’Uomo Felpa non farà più in tempo a diventare lui il fantasma di Bruxelles.
Soru, è vero, ogni tanto fa capolino all’ingresso del Parlamento europeo. Non lo riconoscono, ma se la cava dicendo che lui non ha mai staccato biglietti, e allora lo fanno passare. “Dev’essere uno competente”, si dicono i commessi. E lui prende posto in una sedia normalmente vuota. Ma nessuno nota la differenza.
Devo dire però che mi hanno confortato le parole di Massimo Zedda, soprattutto quando se la prende con l’antipolitica. Deduciamo che lui sia la politica. E magari anche la democrazia.
Zedda si vanta ad esempio delle ‘magnifiche sorti e progressive’ della città metropolitana di 17 comuni, di cui è il sindaco. L’unico problema è che nessuno ha eletto Zedda sindaco metropolitano: il modo pazzesco con cui sono state ritagliate le province non prevede infatti che i cittadini scelgano chi le amministra. Ma l’antipolitica sono gli altri.
Il sindaco non ha colpa di questa regola, ma di sicuro non protesta. Così come non aveva protestato quando Renzi e Boschi volevano cambiare la Costituzione. Al RefeRenzum Zedda non prendeva posizione e sgusciava più di un’anguilla. Ce l’aveva quasi fatta. Solo che quel 75% di No dei sardi alla schiforma costituzionale non cadde solamente sul groppone di Pigliaru e del PD, ma anche sulle giovani spalle del sindaco taciturno. Oggi Zedda scandisce che «l’antipolitica si batte col ritorno all’affermazione della Costituzione e dei suoi principi.» Per coerenza, si capisce, si schiera con i deputati che volevano manometterla.
E quei deputati Zedda li difende appassionatamente. I gravi reati per i quali sono rinviati a giudizio sono acqua fresca: «al di là delle vicende giudiziarie dei singoli», sostiene Zedda, il centrosinistra «sta riproponendo parlamentari che hanno svolto una funzione importante nell’emendare leggi e provvedimenti normativi a favore della Sardegna». Poi però non li enumera. Ma è solo per modestia. Altrettanto modestamente vorrei ricordargliene uno.
Nel 2014 i parlamentari sardi del PD votarono un decreto del governo Renzi che trasformava i poligoni militari in aree industriali. I limiti di inquinamento da allora possono essere superati anche di cento volte rispetto alla normativa precedente.
Immagino però che provare a parlarne sia solo antipolitica.

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