Berlino, abbiamo un problema!

La Germania è un magnifico paese, ma attualmente subisce la deriva di una classe dirigente di maggiordomi buoni a nulla ma capaci di tutto. La vita democratica, a partire dalla libertà di parola, è la posta in gioco più immediata. Come leggere altrimenti l’impedimento a carico di Yanis Varoufakis, l’economista e politico greco al quale è vietato entrare in Germania in ragione delle sue posizioni politiche sulla questione palestinese? Questo diktat si aggiunge alle incriminazioni di cittadini tedeschi che espongono la bandiera palestinese e per questo sono equiparati a fiancheggiatori del terrorismo. La Germania, uno dei paesi che fornisce più armamenti a Israele, è anche costantemente allineato dal suo governo nel giustificare i suoi atti a ogni costo. Persino il ministro degli esteri italiano, Tajani, ha ammesso che l’attacco iraniano di ieri notte era una risposta all’atto di guerra israeliano contro l’ambasciata iraniana a Damasco. I governanti tedeschi no. Per loro Israele è solo una vittima e chi non è d’accordo va represso con metodi incompatibili con la democrazia. La follia dei provvedimenti germanici si spinge addirittura a vietare perfino le videoconferenze che dovessero ospitare Varoufakis.

Contemporaneamente Ursula Von Der Leyen, anche lei espressione piena di questa generazione di politici teutonici telecomandati, ha attaccato pesantemente i candidati di Alternative für Deutschland raccogliendo le insinuazioni maccartiste che stanno inquinando le azioni dell’Europarlamento, sempre più preda di una pericolosissima russofobia.

Il cedimento del paese più popoloso dell’Unione europea alla nuova stagione belligerante e autoritaria dell’atlantismo è un segnale estremamente grave. Dieci anni fa queste tendenze erano confinate all’Ucraina con qualche riflesso nei paesi UE più vicini. Oggi, dopo che in Ucraina hanno chiuso i partiti e i giornali e consegnato il paese al disastro, il modello di una classe dirigente appiattita sugli interessi nordamericani e pronta a tappare la bocca al dissenso per portarci in guerra si è trasferito nel cuore del continente.

Nessuna delle libertà costituzionali fondamentali è più un porto sicuro. Dovremo lottare per la sovranità popolare e dovremo farlo da subito.

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