Criticare Israele non è antisemitismo

Il 4 ottobre alla Camera sono state votate diverse mozioni in tema di contrasto all’antisemitismo. Ho votato in favore di quelle presentate dal PD e da M5S e Lega, mentre sono stato l’unico ad astenersi su quella presentata da Mara Carfagna. Questa astensione è stata distorta da alcuni come se non avessi votato per le altre, per presentarmi come un antisemita. Non mi stupisce che la lotta politica sull’argomento sia condotta con certe manipolazioni.

Ma i fatti veri hanno la testa dura, e mi facilitano le precisazioni che voglio far valere.

Io condivido ogni allarme espresso dalle mozioni discusse in aula nei confronti della diffusione di atti discriminatori e violenti che si sostanziano in odio etnico, razziale, ideologico, particolarmente quando questi atti derivano dal fondo antisemita degli angoli più oscuri della storia europea.

Di fronte a un fenomeno reale e diffuso che minaccia il nucleo più delicato che caratterizza qualsiasi civiltà che dopo il 1945 voglia definirsi tale, è giusto e necessario che la sfera pubblica prenda le misure e abbia una sua posizione. Le istituzioni devono tener fermo il perno delle acquisizioni storiche in tema di libertà, uguaglianza e solidarietà e devono reprimere l’intolleranza che si faccia organizzazione diffamatoria, milizia, aggressione, calunnia. Devono coltivare memoria ed educazione civica e devono fare da sponda alle migliori risorse della società civile, tramite una costante battaglia culturale, etica e politica, che possa creare gli unici anticorpi capaci di estirpare o almeno ridimensionare ed estromettere le posizioni negazioniste e antisemite.

Condivido tutto questo, ma non posso esimermi dal vedere i limiti e i pericoli di posizioni che partendo dalle buone intenzioni della lotta allo “hate speech”, rischiano di manomettere i presupposti della mera libertà di “speech”. Questo auto-sospetto ci deve accompagnare sempre, e dobbiamo custodirlo, se siamo sinceri democratici.

Non si può ignorare che difendere il diritto alle libertà di parola e di stampa, in genere significa difendere il diritto di diffondere proprio le idee che la società trova più ripugnanti.

Centrale per l’attivismo in difesa della libertà di parola è sempre stata la distinzione tra la difesa del diritto di divulgare l’Idea X e l’approvare l’Idea X, una cosa che solo i più ingenui non sono in grado di comprendere: si difende il diritto di esprimere idee ripugnanti pur essendo in grado di condannare l’idea in sé.

Il discrimine è già dato dalle leggi esistenti: esistono da tempo nel nostro ordinamento le fattispecie adeguate a distinguere e perseguire l’incitazione alla violenza, l’odio razziale, l’apologia di reati che offendono profondamente l’umanità.

Altra cosa sarebbe invece adottare acriticamente tutto lo spettro di nuove fattispecie che rischiano di limitare il diritto di parola e di espressione. L’idea di contrastare con mezzi penali e di polizia le opinioni – per quanto infondate e profondamente sbagliate possano essere– apre scenari pieni di pericoli. Ad esempio, molte critiche normali nei confronti delle politiche delle classi dirigenti israeliane e dei loro alleati (analoghe alle critiche che si possono esercitare verso altre classi dirigenti di altri paesi e loro alleati), rischiano di sfumare facilmente in un nuovo campo in cui l’ordinaria discussione diventa tabù e reato. Mantenere questa distinzione è fondamentale. La dichiarazione di voto di Mara Carfagna non mi ha convinto. Mi è parsa troppo sbilanciata in favore del governo di Israele come tema centrale e dominante e poco incentrata sul tema del contrasto alle azioni antisemite, mentre le altre mozioni erano più in tema ed equilibrate. Molto semplice per me decidere di conseguenza come votare.

Le motivazioni per essere estremamente prudenti sono già state formulate molto bene nel 2007 da molti storici italiani (tra cui molti studiosi con profonde radici familiari e intellettuali nell’ebraismo italiano), quando si opposero fermamente all’allora ministro della giustizia Clemente Mastella, che voleva introdurre nel nostro ordinamento una legge analoga alla francese Fabius-Gayssot. Nel mio orientamento ho deciso di tener conto dalla maggior tutela per le libertà fondamentali garantito dalle mozioni che ho considerato più ferme ed equilibrate.

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