Nel giro di due giorni ho visto due ritorni, che ho percepito con la stessa sensazione.
Ieri Renato Soru, oggi Beppe Grillo, entrambi a evocare i punti alti della loro carriera, quando erano sintonizzati con correnti innovative globali che stavano per sconvolgere il lavoro, gli stili di vita, lo studio, la missione di ogni comunità nel mondo.
Soru ripete dopo vent’anni la sua candidatura a presidente della Regione Autonoma della Sardegna, con le stesse parole di allora, ma dopo essersi sintonizzato in tutto questo tempo non con le correnti globali ma con la palude del ceto politico locale. Non è un passante che possa dire “io non c’ero”.
Grillo va da Fazio e fa il tipico show della vecchia gloria che non dimentica i fondamentali del suo mestiere: si rivede il comico messo in disparte dal politico, sa far ridere e seduce la platea, ma prima di tutto elude furbamente il fatto che il politico c’è comunque stato. Si assume la colpa generica di aver peggiorato la politica, ma è paradossalmente una forma di autoassoluzione volta a ritornare al passato remoto per farci perdere nella nebbia il passato recente, come quando ci diceva che Draghi era diventato un grillino. Anche lui non è un passante che possa dire “io non c’ero”.
Il mondo nel frattempo è andato altrove.
Dubito che Soru e Grillo ce lo facciano riacchiappare.