I piddini nel ruolo di kapò

Massimo Citro della Riva è un medico e ricercatore assai conosciuto da chi è stato molto critico nei confronti della pessima gestione italica della sindemia. Il suo libro Eresia ha raggiunto tirature che la maggior parte degli autori si sogna. Quando era giusto che le sue tesi venissero conosciute da tutta la popolazione, alcuni canali TV lo invitavano, sì, ma circondandolo sempre di un plotone di botoli rabbiosi che lo interrompevano ad ogni parola, in un rapporto in genere di quattro contro uno, com’è capitato a tutti noi critici, in un crescendo di discriminazioni e liste di proscrizione.
Perciò ha fatto bene Marcello Foa a invitare Citro nella sua nuova trasmissione su Rai Radio1 intitolata ‘Giù la maschera’. È un minimo di riparazione per tutte le gravissime violazioni dei diritti, del pluralismo, del libero dibattito scientifico che sono state perpetrate per anni da un sistema che ha sposato l’autoritarismo e si è fatto dettare la linea da personalità gonfie di conflitti di interessi. Citro è una voce critica che ha una vasta eco popolare e come tante altre voci è passibile di critica. Non è accettabile invece che questa voce sia censurata, intimidita, aggredita con insulti.
Vallo a dire ai componenti del PD della Commissione di Vigilanza Rai. Non appena hanno visto qualcuno sfuggire al plotone della Pfizercrazia, hanno tuonato contro «questo signore, un complottista e negazionista che si è rifiutato di vaccinarsi». Uno che è in disaccordo con quelle banderuole ridicole e pericolose delle pandemistar che hanno seminato paura e terrore e che volevano vaccinare anche le sedie, beh, deve per forza meritarsi l’insulto che chiude ogni discussione: “negazionista”.
E infatti a Repubblica non è parso vero di rilanciare il comunicato dei piddini innanzitutto per usare quella parola da loro tanto amata, nonché per vellicare la pancia di certi lettori piccoloborghesi ipocondriaci che si ostinano a pendere dalle loro labbra mascherinate.
Io credo innanzitutto che sia anche ora di smetterla con l’abuso dell’etichetta estrema di “negazionista” e degli altri termini collegati, adoperati come utensili da delatori nei confronti di chi vede le cose in altro modo.
Cioè, fateci capire. Voi potete maneggiare in modo abietto un materiale simbolico così estremo e delicato come la parola “negazionista”, senza che gli altri possano rispondere all’evocazione?
Beh, se evocate quel materiale simbolico, ci siete molto dentro, non potete cavarvela a buon prezzo, con un “politically correct” che vale solo per gli altri. Vi proponete per il ruolo di kapò.

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