Il broker inaggirabile di Mosca


In tutta onestà non posso sapere i retroscena del «“Pronunciamiento” di San Giovanni», la rapidissima dinamica che in meno di 24 ore in Russia ha riassorbito il “pretorianismo” dell’improbabile Cesare wagneriano, Evgenij Prigožin, per preludere a nuovi equilibri ancora tutti da decifrare. Anche se poco posso arguire dalla parte visibile dei fatti, di certo posso già osservare con sgomento lo stato pietoso e devastato della stampa occidentale e di quella italiana in particolare: un fallimento cognitivo senza appello, che deriva dal modo sussiegoso, disinformato, distratto e volgarmente superficiale con cui il grande blocco oligarchico dei media guarda a Mosca.
Mentre le ‘convention’ dei grandi partiti statunitensi pullulano dei nostri inviati che raccolgono cinguettando anche la più minuta nota di colore di quei riti falsamente spontanei, e in realtà pianificati quanto una coreografia nordcoreana (solo in chiave più jazz), le corrispondenze occidentali da Mosca – dove pure si decide il futuro del mondo proprio in questi giorni – hanno viceversa una staticità da avamposto nel deserto dei tartari, un fumo di mistero e un tocco televisivamente brezneviano. “Hic sunt ursi”. Invece si tratta di un mondo che ha sì i suoi specifici misteri, ma che va capito a fondo mettendo da parte i lanci delle agenzie occidentali nell’orbita dei nuovi Dottor Stranamore.
Vladimir Putin, in quanto perno di un sistema ben rodato, ben lungi dall’essere «isolato dalla comunità internazionale» (come lo dipingono i grandi media nostrani che ripetono a pappagallo le veline della NATO), è al centro di un incrocio di linee geopolitiche a raggera che gli offrono risorse e soluzioni equilibrate. Aveva dato una mano al presidente bielorusso Lukashenko contro un tentativo di Rivoluzione colorata che voleva spodestarlo e ora quello gli restituisce il favore. Ci sono giganteschi “do ut des” che le redazioni italiane nemmeno immaginano. Ormai credono alle loro stesse bugie e non ne escono.
La Russia è il “broker” inaggirabile di qualsiasi equilibrio o disequilibrio dell’immenso spazio geopolitico post-sovietico. L’equivoco di fondo di chi investe sulla guerra è sottovalutare questo semplice fatto-guida. Non si può avere nessuna sicurezza facendo una “guerra totale” (parole dei dirigenti europei) volta a debellare il ruolo della Russia negli indivisibili equilibri di sicurezza europei e nei complessi “melting pot” post-sovietici, che esplodono dove viene fomentata la russofobia. Prima lo capiremo, prima usciremo dall’incubo apocalittico della guerra.
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P.S.: Parlo di questo rischio di destabilizzazione anche nel mio articolo sul terzo numero di Visione, la rivista che offre un altro sguardo sul mondo con tanti articoli di personalità non allineate. Il link per acquistarla: https://visioneditore.it/prodotto/guerra-scacchiera-mortale-visione-03-2023/.

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