L’attacco a Elena Basile da parte dei censori

 
Ogni guerra è anche una guerra della percezione.
I governi coinvolti nelle guerre spendono crescenti risorse nella parte meccanica dell’attrito bellico, certo, e questo prelude a un riarmo che materialmente può portarci al vicolo cieco dell’autodistruzione della specie umana. Però su questo ci sarà tempo. Forse.
Ma i governi investono sempre di più anche nella parte non meccanica della guerra, cioè nel dominio delle menti, ad ogni costo.
Questo lavoro sulla percezione e sulla psicologia di massa si concentra sul fabbricare la propria narrativa, con la creazione di un universo parallelo paragonabile alle saghe fantasy con una sua coerenza interna. I media e il dibattito politico dominante funzionano come Star Wars o Il Signore degli Anelli: è un mondo immaginario completo, con regole, ambientazioni, personaggi e mitologie coerenti e ben definiti. Avete presente la cosa, no? Questi universi sono solitamente creati all’interno di opere narrative, come epopee fantastiche e seriali, e sono caratterizzati dalla presenza di una realtà interna coerente e autonoma, spesso governata da leggi e principi unici. Gli autori sviluppano tali universi per consentire ai lettori o agli spettatori di immergersi in un’esperienza narrativa ricca e dettagliata, esplorando mondi diversi da quello reale. Così accade anche nel racconto che scorre nell’universo oligarchico dei media dominanti. Siamo intinti ogni giorno dentro una versione 4D di Star Wars, molto più immersiva, ma con dei cattivi più banali rispetto a Darth Vader o Palpatine.
Un sotto-settore del lavoro manipolatorio sulla percezione riguarda la “character assassination” delle voci dissonanti, ossia un lavoro demolitorio sulla reputazione personale di chi vuole uscire dall’universo fittizio dominante. Il potere si pone il problema di come far rimanere in piedi la finzione del dibattito democratico. Deve per forza mantenere una condizione minima di apparente pluralismo che serva a ratificare con la potente benedizione del suffragio popolare egualitario ciò che non è egualitario. Solo che non può permettersi che quelle voci si allarghino e magari vincano nel cuore delle masse. Le persone e le guide delle formazioni sociali che esprimono opinioni diverse da quelle dominanti vengono spesso attaccate personalmente per screditarle e renderle meno credibili. Questo è un modo per mantenere in piedi la finzione di un dibattito democratico, anche quando in realtà c’è sempre meno libertà di parola.
Il manuale applicativo è il solito.
1) Una persona che critica il governo viene accusata di essere un traditore o un agente straniero e inserita in liste di proscrizione. In genere per questo lavoro impiegano i più scemi o Gianni Riotta.
2) Un giornalista che indaga su un caso controverso viene accusato di essere un complottista o un sensazionalista. Per la bassa macelleria qui impiegano largamente quelli del gruppo GEDI, il cui dizionario inizia e si conclude nella N di Negazionista, lo stigma passe-partout.
3) Un attivista che difende i diritti di un gruppo minoritario viene accusato di essere un estremista o un sovversivo, da esecrare a tutela di una nuova maggioranza sedicente moderata, in realtà mossa e alimentata da pulsioni totalitarie.
Questo tipo di attacchi personali può avere un effetto molto negativo sulle persone che ne sono vittime. Possono farle sentire isolate, minacciate e persino costrette a tacere.
Nei giorni di Tele Netanyahu poteva mancare dall’essere bersagliata da quest’opera demolitoria Elena Basile? No, non poteva. Per le ragioni di cui sopra (salvaguardare un’apparenza di pluralismo) non possono non invitare nei talk-show anche chi non batte la grancassa per i signori della guerra. E quindi invitano Elena Basile, una vita spesa in diplomazia anche in testa a sedi prestigiose, dotata di tutto l’apparato di conoscenze storico-politiche adatto a dipingere in poche pennellate anche questa guerra. Una personalità che non fa fatica a mangiarsi in diretta alcuni personaggi messi lì a sorreggere l’universo parallelo della saga guerrafondaia con i loro racconti immaginari che si sciolgono come gelati alla fiamma ossidrica della realtà maneggiata da Basile.
Ecco che scatta la punizione, implacabile. Si attaccano alle inezie facendole diventare questione di Stato. I sottopancia sulla parte bassa dello schermo dicono: Elena Basile, ex ambasciatrice, o ambasciatrice. Apriti cielo. Siccome nella sua carriera non ha mai raggiunto il grado apicale formale di ambasciatore nella burocrazia interna del ministero, anche se ha ricoperto l’incarico spettante agli ambasciatori, secondo i detrattori nelle sintesi giornalistiche e nelle presentazioni ai convegni la si dovrebbe definire con un termine che non conosce nessuno, Ministro Plenipotenziario. La si dovrebbe dunque depotenziare con un termine burocratico per fare uno sfavore al buonsenso dell’opinione pubblica e un favore a loro per accusarla di abusare di titoli. Ma questo è il meno. Ogni sua frase viene sezionata e deformata per attaccarla. Tele Netanyahu deve ritornare al suo rumore di fondo.
Così passano in cavalleria le intimidazioni maccartiste usate da alcuni esponenti dell’ala fanatica della Comunità Ebraica, che oltre ad attaccare ad alzo zero gli esponenti della Comunità che non si piegano ai baciapantofole di Netanyahu, attaccano frontalmente tutte le forze che si oppongono alla loro narrazione tacciandoli di antisemitismo. Non è accettabile.
Rilancio e appoggio perciò l’appello di Vincenzo Costa:
«Tutti abbiamo paura a esporci, a scrivere. Come non avere paura? Io ho molta paura, perché qui ci sono poteri che possono distruggerti come niente.
Ma non si può tacere. Parlando ognuno pagherà un prezzo, lo sappiamo. Ma l’orrore è troppo grande e chi tace lo autorizza.
E non è solo Gaza e la popolazione civile palestinese ad essere sotto attacco.
C’è un tentativo totalitario, di annullamento di ogni opposizione, dissidenza.
È la libertà di tutti noi, di ognuno di noi, la democrazia da noi, la libertà di espressione, di informazione ad essere in pericolo.
Non si può tacere.»

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