L’Unica Democrazia?

 
Intanto che un intero popolo, a Gaza, ha ricevuto fin qui in tre settimane l’equivalente in kilotoni della bomba di Hiroshima, mentre i bambini bruciano sotto il fosforo bianco usato in un’area densamente abitata, mentre un milione di sfollati vengono schiacciati come un formicaio, nella rete unica TeleNetanyahu – che si è impadronita dei media nostrani – la narrazione funziona secondo le regole di un marketing che usa ogni tecnica di manipolazione con una turpe determinazione maniacale volta a rovesciare la verità.
Il marketing che ci vende la guerra, quando parla di Israele, usa alcune formulette ipersemplificate che vengono dette e ridette come un comando ipnotico. Alla sempreverde “Israele ha diritto di difendersi” si è affiancato il nuovo mantra “Hamas è l’Isis”. La prima sarebbe un’ovvietà per qualsiasi Stato membro dell’Onu, ma per Israele vuole significare “quindi può violare qualsiasi norma”, fino a giustificare ogni mattanza. L’equivalenza con l’Isis è invece un modo per chiudere qualsiasi spiraglio alla conoscenza della situazione reale per obbligarci a vedere le cose dal mirino di uno dei politici più bugiardi e criminali del pianeta, Bibi Netanyahu.
Ma c’è un comando ipnotico che viene ripetuto ancora più spesso di questi. Lo ribadiscono mille volte tutti i botoli che ringhiano nei talk show a reti unificate di TeleNetanyahu, lo ripetono come un rosario i politici senza schiena (quasi tutti nell’attuale Parlamento), lo replicano in ogni pezzo tutti gli editorialisti dei peggiori giornali dell’Occidente, quelli italiani, che sono cinquanta sfumature di liquame: “Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente”. Per loro, ripeterlo significa renderlo ovvio, indiscutibile come un dogma, come dire “domani il sole sorge e tramonta”, “l’acqua bagna”, “i neonati si nutrono con il latte”. Ovvio, no? Israele è “l’unica democrazia”. Il nucleo centrale della narrazione dei venditori di questa tragedia è questo: democrazia vs. terrorismo, civiltà contro barbarie, libertà contro oppressione. Ma è veramente così?
Vi rimando all’articolo che ho scritto assieme a Simone Santini sul numero speciale di ‘Visione’ (prenotatelo sul sito di Visione TV, aiuta a capire quel che accade a un passo da noi) per un’analisi più ampia di cosa sia diventato il “Sionismo Reale” rispetto a quello immaginario. Qui voglio affrontare più brevemente la questione “democrazia”. Israele non è un regime democratico. Non lo è per il semplice fatto che la sua sovranità si esercita su un territorio diviso seccamente in due mondi. C’è una popolazione che ha diritti di cittadinanza pieni (9,6 milioni di israeliani), ma vive una popolazione che non li ha (5,5 milioni di palestinesi dei territori occupati). Non solo non ha quei diritti, ma li vede profondamente conculcati.
Il regime del Sionismo Reale non è Israele. È Israele più i reietti, in un unico groviglio statale sottoposto alla sovranità israeliana.
Il regime non è quindi composto dalla sola porzione in cui ritroviamo una stampa mediamente libera (anche se sempre più intimidita dallo squadrismo delle fortissime frange violente delle nuove correnti fascistoidi dell’ebraismo politico israeliano), un luogo dove vediamo elezioni pluripartitiche, suddivisioni dei poteri e stili di vita che ne fanno un avamposto che replica modelli riconoscibilmente occidentali. Il regime nella sua interezza è responsabile anche della parte che smentisce a un chilometro di distanza tutto il suo scintillante marketing.
La vita dei palestinesi è parte integrante delle gravissime responsabilità in capo allo Stato israeliano. È dentro la sua gravissima responsabilità sovrana. Quello Stato occupa territori, ne impedisce lo sviluppo, li disarticola a piacimento, ne controlla i confini e le finanze, ne distrugge le infrastrutture, ne molesta sistematicamente i cittadini con ogni pretesto, interferisce su tutto lo spettro delle loro decisioni, e ogni tanto li strapazza con bombardamenti a tappeto. Ribadisco: ricomprende nel proprio spazio sovrano un popolo che viene privato di ogni sovranità. Quale democrazia potrebbe definirsi tale se lo Stato che la sorregge vuole perpetuare brutalmente la minorazione coloniale di una quota enorme del popolo soggetto alla propria autorità? La parola democrazia non è un feticcio da agitare come una delle tante armi di guerra. È un fenomeno che sin dai tempi dell’antica Atene, che ne inventò il nome, serba dentro di sé le proprie contraddizioni e i propri limiti. Nella democrazia ateniese circa 30mila cittadini su 250mila avevano diritti. Loro erano i cittadini, gli altri 220mila erano donne, schiavi, meteci, persone che vivevano lì ma non contavano. L’unica democrazia del Medio Oriente è una riedizione di un’antica ipocrisia, solo con – in più – un costoso apparato mondiale di pubbliche relazioni che ne nasconde i difetti e i misfatti e maltratta i critici.
A questo proposito esprimo la mia solidarietà anche a Alessandro Di Battista e Alessandro Orsini, sottoposti in questi giorni a gravi intimidazioni maccartiste da parte di un sistema mediatico che dovremo sconfiggere con nuovi media che abbiano un’idea più autentica di democrazia.

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