MES e maggiordomi

Luigi Di Maio, stasera ospite di Formigli a Piazzapulita su La7, ricostruisce la vicenda dell’approvazione del MES smentendo Giorgia Meloni che sbagliava le date accusando lui e Conte di averlo firmato quando il governo era dimissionario, a gennaio 2021. Non era così. Ma questo strano gioco delle parti fra i due nasconde comunque una fase più oscura e tenebrosa del MES che avvenne davvero poche settimane prima, con Di Maio che giocava già una partita totalmente diversa dal mandato elettorale. Io lo ricordo bene, perché c’ero. Il 30 novembre 2020 l’allora ministro dell’economia Gualtieri incassava in Parlamento numerosi fermi inviti a non avviare la riforma, provenienti da una maggioranza di forze politiche, ma forzò comunque la mano, imperterrito, impassibile, tetragono. E poche ore dopo, nell’Eurogruppo, l’istituzione più opaca del sistema UE, diede luce verde, preceduto da un assenso precipitoso dell’allora reggente del M5S, Vito Crimi (il segnaposto di Di Maio) che disse di sì senza consultare nessuno e anzi minacciando tutti di espulsione se non avessero votato in favore.
Questa forzatura – che negava in radice il programma elettorale con cui Di Maio e anche io fummo eletti nel 2018 – travolse tutti gli argini in vista del successivo Consiglio Europeo del 10-11 dicembre 2020.
Prima di allora ci fu un voto in Parlamento, il 9 dicembre. Io intervenni con durezza: https://www.facebook.com/PinoCabrasAlternativa/videos/829215544598823/, ma i giochi erano fatti.
 

Il voto contrario mio e di altri parlamentari non bastò. La lunga resistenza durata più di un anno contro questa pistola carica regalata ai dittatori dello spread fu accerchiata e tradita. Non fu solo “favore delle tenebre”, ma un intero spettro di trucchi palesi e occulti miranti a una restaurazione: era una virata conservatrice che disinnescava brutalmente il voto di cambiamento del 2018 e preparava la strada per il sultano del Draghistan.
Di Maio non giocò pulito, al di là delle date raffazzonate della Meloni, proprio perché tradì i suoi elettori, anche se oggi si presenta serafico a dire che è maturato ed è diventato un bravo ometto atlantista, perché l’Europa non è più quella contro cui prendeva milioni di voti, ma “è cambiata”.
Lui è nella parte, fino a rivendicare come un successo dell’Europa “che è cambiata” proprio la cosa che ha declassato e sconfitto l’Europa tutta: il coinvolgimento nella guerra ucraina, un buco nero di errori e disastri economici e militari che lui rivendica per i suoi padroni. Queste cose non le dimentichiamo.
Di Maio parla da Bruxelles, stasera. Dovremo portare qualcosa di diverso, da quelle parti. Un partito trasversale della Pace che miri al disarmo, alla coesistenza pacifica, alla ricucitura delle relazioni eurasiatiche, alla rinascita del Mediterraneo e alla conquista di un’autentica sovranità popolare. Dunque, un movimento combattivo che liberi i popoli dal gioco di istituzioni sovranazionali oggi in mano a un’élite che invece vuole guerra, disuguaglianza, asservimento, perenne propaganda con la complicità di vecchi e recenti maggiordomi.

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