Si scrive GEDI e si legge YETI

Il gruppo editoriale GEDI è in crisi. GEDI è uno dei principali operatori italiani nel settore dei media, è anche quotato alla borsa di Milano. Editore di La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, 13 testate locali, il settimanale L’Espresso e altri periodici. Fanno parte del gruppo anche tre emittenti radiofoniche nazionali: Radio Deejay, Radio Capital, M2O e alcune reti televisive musicali. GEDI opera inoltre anche nel settore internet e raccoglie la pubblicità tramite la concessionaria Manzoni per i propri media e anche per editori terzi.
Ma, stante il calo di pubblico e i pochi risparmi rimasti nella cassaforte, il gruppo ha comunicato la volontà di applicare a tutta la redazione de L’Espresso un contratto di solidarietà che comporterebbe un taglio del 30% degli stipendi e porterebbe la chiusura del sito internet del giornale.

Una crisi che accomuna quasi tutti i media tradizionali ma che in questo caso, possiamo ben dire, è accompagnata dalla pessima qualità dell’informazione, percepita spesso dal pubblico come manipolazione delle notizie. Ancora di più parziale nel riferire le cronache internazionali.

Il vicepremier Luigi Di Maio, in una diretta Facebook, ha descritto così il fenomeno: “Per fortuna ci siamo vaccinati anni fa dalle bufale, dalle fake news dei giornali, e si stanno vaccinando anche tanti altri cittadini, tant’è vero che stanno morendo parecchi giornali tra cui L’Espresso. Ma il problema è che nessuno li legge più perché ogni giorno passano il tempo ad alterare la realtà invece che a raccontarla”.

I comitati di redazione di Repubblica e L’Espresso reagiscono come se si trattasse di un attacco alla libertà di stampa. In un comunicato scrivono “Di Maio dimostra per l’ennesima volta di non conoscere la differenza tra bufala e notizia, evidentemente perché espertissimo della prima fattispecie e allergico alla seconda”.

Ad essi risponde il deputato Pino Cabras: “L’errore più grande è agire come se si vivesse ai bei tempi dei giornali che dettavano l’ordine del giorno, cosa che nella linea del gruppo GEDI assume risvolti patetici, come accade per quei nobili decaduti che guardano ancora tutti dall’alto in basso, seppure da vecchi castelli diroccati dove piove dentro e le dispense sono quasi del tutto intaccate. Quanto sussiego mal speso! Quanta incapacità di riconoscere un proprio limite storico! Può darvi coraggio prendervela con i barbari, ma non vi dà la verità sulle ragioni della disfatta”.

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