Solinas chiude il Secolo Breve dell’Autonomia Speciale sarda

 
Il presidente della Regione Autonoma della Sardegna, Christian Solinas, è al capolinea, ormai è chiaro.
I partiti del centrodestra vogliono salvare le loro chances per le imminenti elezioni regionali puntando su un altro cavallo.
Nel frattempo nel centrosinistra le divisioni zavorrano i due aspiranti presidenti Alessandra Todde e Renato Soru.
I tre quarti di secolo dell’Autonomia Speciale sono giunti a una specie di sigillo conclusivo.
Le forti trasformazioni della società e dell’economia hanno attraversato varie fasi.
Dapprima l’età del Piano di Rinascita: un’economia caratterizzata da grandi investimenti industriali pubblici e un credito locale imperniato su alcuni campioni bancari regionali, in linea con un processo più vasto, laddove tutta la Repubblica italiana passava dalla ricostruzione al “boom” fino agli shock petroliferi che fecero fallire un intero modello di investimenti “big push” nel Sud e nelle Isole.
Seguì una fase in cui il ceto politico divenne l’intermediario delle risorse con regole e programmi europei, con una sorta di rivoluzione passiva e sempre attardata del terziario, segnata da faticosi adattamenti.
C’è stata persino una fase, un quarto di secolo fa, che ha accolto la spinta mondiale della Silicon Valley, ha fatto fare alla Sardegna un viaggio in prima classe nell’innovazione stimolata dalla diffusione di massa dell’accesso al World Wide Web, con alcuni soggetti ben inseriti nella nuova economia digitale e un rimodellamento a cascata della Sardegna. Quella fase non è bastata a compensare gli effetti della lunga fase italiana della bassa crescita e dei continui processi di deindustrializzazione dell’ultimo trentennio, ma ha consentito al sistema sardo, per qualche anno, di non perdere contatto con la rivoluzione della Rete. Il sistema del credito locale in questo contesto ha perso tuttavia gran parte della sua autonomia, con effetti nefasti.
La fase attuale è una combinazione micidiale di declino, stagnazione, deperimento sempre più vorticoso dei servizi pubblici essenziali, profonda crisi culturale, perdita della lingua, smarrimento di una “missione” della Sardegna nel mondo ai tempi di una nuova divisione internazionale del lavoro, in una condizione geopolitica che la espone a un aggravarsi della marginalità che ora la impoverisce in fretta e la spopola.
Quale missione della Sardegna nel mondo?
Solinas è stato inadeguato perché le classi dirigenti sarde tutte sono inadeguate e hanno risposto con un ripiegamento claustrofobico rispetto alle sfide. La legge elettorale è una specie di tagliola anti-outsider che genera disaffezione, fuga dalle urne, mancanza di idee nuove, estromissione di enormi masse tagliate fuori da tutto.
Non sarà il PNRR (che sta tutto dentro il perimetro “austeritario” della dittatura dello spread) a salvarci. Finora sento solo intermediari di questa idea nata già limitata.
Quale missione della Sardegna nel mondo? Conta solo un programma politico, culturale, economico che risponda in modo convincente a questa domanda.

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