La Viceministra Eterna, Laura Castelli, ha affermato stamane che i parlamentari che si son trovati fuori dal M5S dovrebbero dimettersi perché hanno disobbedito alle nuove scelte fatte “legittimamente” dalla sua “forza politica” (ossia la nomenklatura degli autoreggenti pentastellati). Crepino pure gli elettori che avevano invece votato un programma pensato contro i governi tecnici e ora devono ingoiare rospi e draghi come se non ci fosse un domani. Gli elettori a casa Castelli non contano nulla. Conta solo il partito, che può cambiare idea e chi non si adegua si dimetta. Si preparino dunque i non fuoriusciti: se la neo-Casta decide di reintrodurre la servitù della gleba e la pena di morte, per chi non fosse d’accordo la Castelli chiederebbe di fare le valige in nome della coerenza. Non fa una piega.
Io credo però che non sia colpa della viceministra, poverina. Credo che sia colpa di Danilo Toninelli, che dopo essersi tolto le scarpe e aver temerariamente scritto un libro, lo ha perfino intitolato “Non mollare mai!” E Castelli obbedisce: non molla. Lei la poltrona non la molla mai. Come non mollava mai un sì alle proposte economiche più innovative che le presentavamo. Le bocciava sempre in una nuvola di sfavillanti parolacce da angiporto. Si sentiva evidentemente protetta dal Sistema, al quale consegnava come docili agnellini tutti gli elettori che la avevano eletta per fare altro.
Castelli, o della Nomenklatura
