Sull’ambiente e la Costituzione

Recentemente il Parlamento ha completato la procedura di revisione di due articoli della Costituzione, l’art 9 e l’art. 41. Nell’epoca delle reti sociali una discussione normale diventa subito un campo di battaglia fatto di frasi apodittiche e brevi, di scomuniche istantanee e inappellabili, di sospetti elevati a certezze granitiche. Ed è subito il solito caos senza mediazioni culturali, una poltiglia di insulti e controinsulti che da anni butta tutto in vacca, senza intravedere le sfumature, la complessità, i riferimenti giuridici che si legano a storie pluridecennali di sentenze della Corte costituzionale. Ah, la posa, quella posa adamantina degli eroi, che se ne fottono della storia e si impiccano alla cronaca contingente per filtrare ogni cosa con la lente deformante del proprio centimetro quadrato di competenze, senza distinguere, discernere, separare!
Vediamoli dunque, questi articoli, com’erano prima e come sono ora. IN MAIUSCOLO le novelle.
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Art. 9 originario: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.»
Art. 9 novellato: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. TUTELA L’AMBIENTE, LA BIODIVERSITÀ E GLI ECOSISTEMI, ANCHE NELL’INTERESSE DELLE FUTURE GENERAZIONI. LA LEGGE DELLO STATO DISCIPLINA I MODI E LE FORME DI TUTELA DEGLI ANIMALI».
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  • Art. 41 originario: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.»
  • Art. 41 novellato: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, ALLA SALUTE, ALL’AMBIENTE. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali E AMBIENTALI».
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Una parte fra i milioni di individui che (come me e come tanti) sono esasperati dalla pessima gestione italiana della crisi covid (usata dal governo per imporre una brutale torsione autoritaria e un danno permanente alla società italiana in nome di uno stato di eccezione), si è allarmata al massimo grado. Tanti temono che introdurre le parole “salute” e “ambiente” in queste due norme di rango costituzionale possa essere il preludio di nuovi lockdown e altri supplizi sociali e politici. Temono che in nome di una nuova fattispecie di emergenze ambientali o sanitarie proclamate dai governi, si modelli la prosecuzione e l’aggravamento del recente modello di regolazione sociale inaugurato dalla sindemia.
E se invece guardassimo alla questione da un’altra angolazione? A ben vedere, le norme approvate potrebbero contenere piuttosto l’esatto opposto della deriva autoritaria. E potrebbero essere richiamate ad esempio da chi oggi contesta il modo ricattatorio con cui si è imposta la versione italiana della campagna vaccinale. Il riferimento al fatto che un’iniziativa economica privata (putacaso, della Pfizer) non debba recare danno alla salute significa che si esplicita meglio il principio di precauzione, che viene invece violato da un’imposizione che avviene durante una sperimentazione di cui non si conoscono gli effetti di medio e lungo termine, specie se riferiti anche all’interesse delle future generazioni.
Un potere criminale potrebbe usare a pretesto l’ambiente per impoverire e opprimere il popolo? Dipende. Molto spesso è accaduto il contrario, con imprese protette dalle autorità che devastavano interi territori con un industrialismo senza riferimenti alla salute.
Molti allarmi di questi giorni hanno ridotto i nobili concetti di tutela dell’ambiente, delle biodiversità, degli animali e degli ecosistemi a una questione di mode superficiali. Ma questo riduzionismo sarebbe davvero un insulto a cinquant’anni di giurisprudenza italiana, a decenni di sentenze, cause legali, azioni di massa, cambiamenti culturali su vasta scala. Dietro queste parole c’è una storia ricca, ed è riduttivo e immiserente intenderle nel dibattito solo nella loro versione bonsai, quella di Greta Thunberg, o vedendo solo i proclami delle imprese che fanno retorica verde, o soltanto il “green washing” perseguito dalle pessime classi dirigenti europee.
L’uso strumentale dei temi ambientali da parte del potere dominante non deve far perdere per strada il sacrificio di intere generazioni che hanno lottato per difendere il territorio da aziende che lo stupravano, nonché per difendere la propria salute dalle multinazionali che vogliono la sovranità sul corpo e la mente delle persone. Se penso alla difesa delle coste della Sardegna dagli assalti degli speculatori, per fare un esempio a me caro, nella revisione costituzionale trovo una base migliore.
I padri costituenti alla fine degli anni Quaranta non si erano ancora misurati con la complessità delle sfide ambientali indotte dal successivo sviluppo capitalistico del dopoguerra. Non potevano prevedere la portata di un’accelerazione che – assieme alla nuova potenza apocalittica degli armamenti nucleari – ha spinto l’Uomo a perturbare l’Universo e a trovarsi di fronte a spettri autodistruttivi per l’intera specie. La stessa parola “ambiente” era lontanissima da avere il peso politico che ha acquisito nella coscienza di miliardi di persone nel corso di un tempo straordinariamente breve della Storia umana. Nel 1948 la popolazione mondiale era di 2,5 miliardi di abitanti. Nel gennaio 2022 ha raggiunto gli 8 miliardi. Si tratta di un incremento formidabile che ha lasciato impronte enormi nel globo terracqueo, soggetto alla pressione di una crescita infinita dei consumi a fronte di una dotazione finita di risorse in un quadro di disuguaglianza crescente. Per Ernesto Balducci (di cui quest’anno ricorre il trentennale dalla morte) la ragione trova un nuovo imperativo categorico: «Agisci in modo che nella massima delle tue azioni il genere umano trovi le ragioni e le garanzie della propria sopravvivenza.»
Un potere deviato può piegare questo imperativo ai suoi fini antiumani? Lo fa già a partire dalle norme e dai rapporti di forza esistenti, perciò non si può smettere di lottare contro le cattive intenzioni che rovesciano le leggi, vecchie e nuove.
Viceversa, un potere che ritorni secondo costituzione ai cittadini può difendere i propri diritti inalienabili senza dover più ricorrere alle acrobazie delle sentenze, che dovevano elucubrare su un dettato costituzionale allora più vago.
Come ogni innovazione, anche per questa revisione costituzionale il dibattito deve rimanere aperto e critico. Vale per chiunque lo volesse chiudere, da qualunque lato.

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